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sabato, Aprile 27, 2024

Tarsem e Prem Singh: il lavoro come via per l’integrazione

Nel dicembre del 2016 la storia di Tarsem e Prem Singh fu raccontata sul Corriere da Eleonora Lanzetti. Questo il titolo dell’articolo-intervista che invito a leggere: Pavia, da mungitori a imprenditori:la fabbrica del latte dei fratelli indiani

Tarsem Singh, uno dei due fratelli deceduti, commentava così la sua esperienza:

Il lavoro è cambiato molto negli ultimi 20 anni, ora è tutto tecnologizzato. Io ho iniziato come mungitore nella provincia di Cremona, non avevo nemmeno 20 anni. Adesso, assieme a mio fratello e alle nostre famiglie, ho fatto di questo mestiere la nostra unica attività. È faticoso, ma ci regala soddisfazioni.

Oggi i fratelli indiani Tarsem e Prem Singh non ci sono più, sono morti nella loro azienda agricola nel pavese. Un incidente sul lavoro, anche se le cause sono ancora da accertare.

Quella che racconto, però, non è una storia di morte, bensì di riscatto. La storia di Tarsem e Prem Singh inizia molto tempo prima del tragico incidente.

Originari del Punjub giungono in Italia in cerca di una vita migliore. Iniziano a lavorare in una impresa agricola come dipendenti, per pochi euro all’ora. Tanti sacrifici e un cammino che piano piano si apre. Prendono in carico un’azienda tutta loro, iniziano a guadagnare bene. Riescono a farsi raggiungere dalla madre e assumono i loro due cugini, Harminder e Manjinder, anche loro rimaste vittime.

Una storia bella, nonostante tutto, che sa di coraggio, di legami, di solidarietà, di sacrificio, di integrazione possibile grazie al lavoro.

Molto commovente e ragione di grande speranza la solidarietà degli imprenditori del pavese che in queste ore stanno cercando di aiutare le famiglie dei defunti. Provano ad esserci per aiutare a trovare una soluzione che consenta di mantenere in vita l’azienda.

Non è un caso che io scriva di questa storia di integrazione proprio oggi, dopo l’ennesimo naufragio in mare di uomini, donne e bambini. Già mi sembra di sentire le urle vuote di chi userà l’ennesima tragedia in mare per confondere e distrarre ancora di più l’opinione pubblica.

“Non c’è spazio in Italia per gli immigrati”. Il leit motiv della settimana sarà questo.

Eppure leggiamo cosa dice la Coldiretti: “negli ultimi 30 anni gli indiani immigrati dal Punjab sono arrivati nelle campagne italiane per lavorare soprattutto nelle aziende agricole come bergamini, il nome dialettale per indicare gli esperti mungitori nelle stalle. Per l’attenzione e la cura degli animali gli indiani sikhs sono diventati indispensabili per garantire il lavoro nelle stalle della pianura Padana dove si raccoglie il latte anche per la produzione dei più prestigiosi formaggi italiani, dal Grana Padano al Parmigiano Reggiano”.

Probabilmente Tarsem e Prem Singh non sono arrivati in Italia con barconi o zattere. Secondo il Rapporto curato da In Migrazione, “Punjab- Fotografia delle quotidiane difficoltà di una comunità migranteinvisibile“, sono più di 20.000 ogni anno i giovani della regione del Punjab indiano che migrano verso l’Europa e l’Italia è una delle mete principali. Un flusso migratorio in costante crescita, caratterizzato in larghissima parte da ingressi regolari, con un tasso medio di crescita annuale del 66%”.

Il punto, però, non può essere questo. Il punto non può essere come ci si mette in salvo, quanto piuttosto ciò che spinge a partire verso un nuovo percorso di vita e di sviluppo.

Su questo aspetto occorre focalizzare l’attenzione. Oggi si svolgerà a Lussemburgo una riunione importante, alla quale parteciperanno i ministri dell’Interno dell’UE. Speriamo che dall’incontro non emerga un accordo per ripartirsi unità, bensì un progetto di accoglienza e integrazione di vite umane.

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