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venerdì, Aprile 26, 2024

Per chi suona la campana

Quanto accaduto a Riace nelle ultime ore fa tornare in mente il titolo del romanzo “Per chi suona la campana”, scritto da Ernest Hemingway nel 1940. Solo il titolo, sia chiaro.

Cos’è accaduto? Provo a ricostruire.

E’ domenica ed è in corso una conferenza stampa con intervento di Domenico Lucano, ex sindaco di Riace. E’ sempre domenica e, nel momento in cui si svolge la conferenza, le campane della chiesa parrocchiale iniziano a suonare a festa. Non c’è dubbio che il fatto in sé disturbi l’evento (solo momentaneamente, le campane non suonano a vita) procurando difficoltà al relatore e al suo pubblico che faticano a comunicare.

Non è finita. Il suono delle campane, infatti, è a sua volta quasi sopraffatto dalla voce del giornalista Pietro Melia che indirizza al parroco del paese, don Giovanni Coniglio, parole non certo edificanti.

Il video sta facendo il giro del web.

Il clero della diocesi di Locri-Gerace, ma non solo, ha espresso da subito tanta vicinanza al parroco del paese. Anche il sindaco di Riace ha diffuso un comunicato per sottolineare la gravità dell’accaduto e la solidarietà a don Giovanni e alla comunità dei fedeli.

Sì, ma in fondo, qual è la gravità dell’accaduto? Che le campane abbiano suonato mentre Domenico Lucano pronunciava il suo discorso?

Il significato del suono delle campane è delineato nel n. 1455 del Benedizionale: “Risale all’antichità l’uso di ricorrere a segni o a suoni particolari per convocare il popolo cristiano alla celebrazione liturgica comunitaria, per informarlo sugli avvenimenti più importanti della comunità locale, richiamare nel corso della giornata a momenti di preghiera, specialmente al triplice saluto alla Vergine Maria. La voce delle campane esprime dunque in certo qual modo i sentimenti del popolo di Dio quando esulta e quando piange, quando rende grazie o eleva suppliche, e quando, riunendosi nello stesso luogo, manifesta il mistero della sua unità in Cristo Signore”.

Le campane non suonano per colpire qualcuno. Forse la strumentalizzazione della fede come stortura della stessa non è un concetto molto vivo. Non c’è da stupirsi, visto l’uso improprio dei simboli religiosi che negli ultimi mesi è stato fatto. Tuttavia, è sempre tempo di conoscere.

Le reazioni di Domenico Lucano e Pietro Melia sono state notevoli. Anche il tono che il sindaco Trifoli ha utilizzato nel suo comunicato lascia perplessi. Soprattutto quando leggiamo: “Il festoso suono delle campane che da secoli in tutto il mondo preannuncia la messa domenicale veniva inteso dallo stesso Melia come una provocazione che disturbava le omelie del rinviato a giudizio Lucano“.

“Del rinviato a giudizio”, quasi fosse un condannato che, giusto per cronaca, rimane sempre un uomo con un nome.

Uomo è lo stesso parroco, però. Il termine “imbecille” a lui rivolto non trova giustificazione se non in un clima di altissima tensione.

Il punto vero è proprio questo: sarebbe bello se da questa vicenda, che spero si risolva con un abbraccio, senza che nessuno debba stracciarsi le vesti, imparassimo a far risuonare, accanto alla melodia delle campane, la gioia di un vivere sempre più fraterno.

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