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martedì, Ottobre 3, 2023

Voucher: emblema di una libertà che non sappiamo usare

Quanto accaduto e sta accadendo intorno all’universo dei voucher è la dimostrazione di come noi italiani siamo un popolo che riesce sempre meno a fare buon uso della sua libertà, che ha smarrito completamente, o quasi, il significato della parola buon senso. Chi ha, infatti, definito il voucher come un tema sopravvalutato e marginale del mercato del lavoro sbaglia assai. Così come un semplice raffreddore può essere sintomo di malattie importanti, così l’impiego ingiusto dello strumento voucher può essere la spia di un forte malessere, di quel cattivo uso della libertà, di quello smarrimento del buon senso appena adesso accennati.

Spesso ci lamentiamo della burocrazia, dei cavilli che dobbiamo superare ogni giorno per portare a termine una pratica, per realizzare o sbloccare un progetto, e una volta che abbiamo tra le mani uno strumento sul quale non sono stati posti dei vincoli importanti, che se usato secondo il nostro buon senso può rivelarsi addirittura utile, facciamo in modo di incorrere in una deriva tale che ne giustifichi lo smantellamento (leggi scheda CGIL ammissibilità referendum), senza aver cura di avanzare una proposta sostitutiva, un rimedio utile a migliorare un sistema che, a torto o a ragione, possiamo definire dannoso.

In queste ore ascoltiamo diverse proposte di correttivi per l’utilizzo dei voucher, ma su quali basi stiamo costruendo le alternative?  Punteremo a fumose ideologie, al consenso elettorale o al bene comune?

Lasciando da parte i numeri, seppure importantissimi, la lista delle aziende che hanno fatto un uso disinvolto dei voucher, possiamo provare ad evidenziare le sollecitazioni che questa vicenda ci consegna? Dobbiamo veramente esultare per l’ennesimo referendum, quando il cuore del problema non è la partecipazione dei cittadini attraverso il voto, bensì la partecipazione dei cittadini alle sorti del Paese attraverso un impegno quotidiano, espresso da scelte di crescita e di cambiamento?

Continuiamo a colpire lo strumento, in questo caso i voucher, senza prendere di mira, invece, la nostra incapacità di utilizzarlo, con tutto quello che il termine incapacità può significare. Salvo, poi, imprecare contro un sistema burocratico asfissiante.

Proprio ieri, dalle colonne del Corriere della Sera, Dario Di Vico, ha evidenziato un riflesso positivo della Grande crisi, ossia, l’accorciamento della distanza tra il mondo dell’impresa e quello del lavoro, provocato,  secondo il giornalista, da quell’essersi entrambi percepiti dalla stessa parte della barricata nel contrasto ai problemi e alle sfide nuove da affrontare. Possiamo asserire, a conti fatti, che è vero che quella distanza si sia accorciata? La lista delle aziende che con disinvoltura hanno utilizzato i voucher testimonia questo? Possiamo provare a leggere con pacatezza l’intera vicenda, per affrontare il cuore del problema e non, per l’ennesima volta, concentrare l’attenzione sui falsi protagonisti, sindacati o forze politiche che siano, o addirittura ideologie?

Sarebbe importante ricordare le parole pronunciate dal Presidente Sergio Mattarella nel messaggio di fine anno, a proposito della legge elettorale:

 “Non vi è dubbio che, in alcuni momenti particolari, la parola agli elettori costituisca la strada maestra. Occorre che vi siano regole elettorali chiare e adeguate perché gli elettori possano esprimere, con efficacia, la loro volontà e questa trovi realmente applicazione nel Parlamento che si elegge. Queste regole, oggi, non ci sono: al momento esiste, per la Camera, una legge fortemente maggioritaria e, per il Senato, una legge del tutto proporzionale. Con regole contrastanti tra loro chiamare subito gli elettori al voto sarebbe stato, in realtà, poco rispettoso nei loro confronti e contrario all’interesse del Paese.”

Se applichiamo il filo rosso di questo ragionamento alla volontà del sindacato CGIL, e non solo, di chiamare i cittadini italiani ad esprimere la loro volontà sui voucher tramite referendum, mentre non vi sono ancora dei concreti provvedimenti sostitutivi o di modifica per questi, non riscontriamo, anche in questa circostanza, un atteggiamento poco rispettoso nei confronti degli elettori e lavoratori?

Il punto più importante, però, è un altro.

Quanto sta accadendo anche nel mondo degli appalti, i continui arresti, sequestri, nonostante il nostro Paese si sia dotato di leggi importanti, di una Autorità anticorruzione, non ci dice forse che il problema non sono le leggi, i cavilli, i lacciuoli, ma siamo noi che abbiamo perduto il senso della nostra libertà e che quotidianamente la feriamo, la tradiamo nella continua violazione del rispetto, non di una norma (l’ennesima), bensì della nostra persona e del prossimo?

Vogliamo pensare, per assurdo, ad un referendum con il quesito appena esposto?

Non serve rispondere agli altri se, in primis, non rispondiamo a noi stessi.

 

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