A Brandizzo va in scena l’ennesimo incidente mortale sul lavoro. Cinque vittime, cinque famiglie visitate dal dolore e dalla disperazione, una comunità attonita.
Perché? Com’ è stato possibile? Morire spazzati via da un treno in corsa mentre si è impegnati a fare manutenzione sui binari? Inaccettabile!
Sono certa che i familiari delle vittime, oltre al vuoto per la perdita, avvertano in questi terribili istanti il dolore fisico causato dall’ impatto che ha ridotto a brandelli la carne della loro carne. “Cosa avrà pensato un istante prima di essere travolto?”. “Si sarà reso conto di quanto stava per accadergli?”. C’ è, a mio avviso, il reale rischio di impazzire di fronte a questi interrogativi.
Quanta impotenza di fronte al buio di quella notte. Un’ enorme parete invalicabile segna improvvisamente il confine tra il passato e il presente.
Dalle indagini iniziano ad emergere importanti violazioni dei protocolli per il rilascio del nulla osta e delle autorizzazioni a svolgere la manutenzione sui binari.
Siamo costretti, ancora una volta, a fare i conti con una realtà brutale. Norme? Tante. “Distrazioni”? Tantissime.
Qualcosa continua a non funzionare nel circuito della sicurezza sul lavoro. Gli ingranaggi si inceppano con una regolarità che fa quasi paura. Stop and go, stop and go.
Ad ogni incidente segue una ripartenza orfana di quel tesoro, costato sangue, vite umane, che ogni esperienza acquisisce sul campo.
Scattano le tifoserie di destra e di sinistra, a consolare gli animi ci pensano le parole del Presidente della Repubblica o del Papa. Il sindacato USB, intanto, annuncia una mobilitazione per la raccolta firme a favore della legge di iniziativa popolare che introduca il reato di omicidio e lesioni gravi o gravissime sul lavoro.
E domani?
Qualcuno di noi, domani, potrà dirsi maggiormente al sicuro sul posto di lavoro, visti i numerosi richiami al rispetto della legge o l’ impegno ad inasprire le pene in caso di violazione?
La sicurezza non è un sogno o un ideale irraggiungibile. È già patrimonio a difesa della vita, ancor prima che del lavoro. E allora, cosa succede? Mi piacerebbe ascoltare le versioni di chi si è reso responsabile dell’accaduto. A mio avviso è nel loro racconto che risiede il motivo di tanta incompiutezza e distruzione di vite.
Un racconto che potrà certamente somigliare a quello di tanti attori coinvolti in altri, troppi, incidenti sul lavoro, o differire per ulteriori particolari.
Ignoranza? Senso di onnipotenza ? Autosufficienza? Incapacità di avvertire il pericolo? Stanchezza? Procrastinazione?
Credo davvero che molte risposte potrebbero giungere a noi dall’ascolto attento delle vibrazioni derivanti dalle profondità di un mondo che non può più rimanere inesplorato. Le testimonianze che conosciamo, infatti, appartengono spesso ai familiari delle vittime o ai lavoratori usciti vivi da un incidente, anche se con importanti invalidità.
Io credo che la voglia di sicurezza, invece, debba essere narrata da chi si è reso responsabile degli incidenti.