Un’altra candelina da spegnere. Fatto. E sono 4 anni.
Un arco di tempo considerevole, se vogliamo, in cui i miei diversi interventi hanno provato a raccontare non solo il lavoro, ma la vita del nostro Paese: stanchezze, tentazioni, impegno e traguardi sul fronte del lavoro, povertà materiali e morali, vite al palo, testimonianze di resilienza.
Credo di aver lavorato su alcuni binari ben definiti. Ne citerò almeno quattro:
- I luoghi di lavoro non possono essere campi di battaglia nei quali una squadra lotta contro se stessa. La narrazione secondo cui nel rapporto di lavoro i buoni stanno sempre da una parte ( dipendenti) e i cattivi dall’altra ( datore di lavoro) è falsa, fuorviante e soprattutto non aiuta a guardare con obiettività i veri problemi. Le contrapposizioni nette non aiutano in alcuni casi: pubblico e privato, nord e sud, ecc.
- Con le sensazioni non si può raccontare né tantomeno costruire la verità. Mi riferisco in particolar modo al percorso di riscoperta avviato intorno a figure come il ministro Gianni De Michelis. Per molti un politico da liquidare sotto la categoria “tangentopoli”, piuttosto che da menzionare per l’approvazione di provvedimenti importanti in materia di lavoro, come la Legge Marcora.
- Lo spazio offerto alla voce di uomini e donne della porta accanto, che attraverso la loro esperienza aiutano a comprendere meglio lo stato di salute sociale del nostro Paese.
- La volontà di trovare soluzioni per definire meglio le responsabilità di un sistema che non funziona. La costruzione di ponti con altre realtà: di amicizia, di condivisione di proposte, senza peccare mai di presunzione. Il ricordo va a Leo Caroli, nel 2016 Presidente della Task Force Lavoro della Regione Puglia, che mi inviò il suo riscontro positivo ad una mia proposta relativa alla crisi della Natuzzi (ottobre 2016), come anche a Claudio Palmisciano, Direttore Esecutivo della Fondazione Prof. Massimo D’Antona Onlus, per aver di recente apprezzato il mio contributo sulla figura del giuslavorista e sul lavoro da lui svolto. L’invito del dott. Palmisciano a pubblicare il mio intervento sulla rivista della Fondazione e a scrivere per questa altri articoli mi motiva a proseguire sulla strada tracciata 4 anni fa e a migliorare sempre di più il mio impegno.
Grazie di cuore a chi segue il blog, a chi lo arricchisce con i suoi contributi e a chi mi è sempre accanto, infondendomi fiducia e nuovi stimoli alla ricerca della conoscenza del buono e del bello.