Il lavoro precario ha occupato un posto importante nel messaggio di fine anno del Presidente della Repubblica.
In realtà ogni pensiero racchiuso nel discorso di Mattarella non può essere definito di secondaria importanza, tale è la complessità del tempo che viviamo. Questo esige uno sguardo sempre più ampio sulla realtà. Nulla può essere considerato marginale.
Dentro tale complessità ognuno di noi ha vissuto esperienze che lo hanno segnato. Chi era già povero ha conosciuto ancora meglio il morso della fame. Chi sperava in un futuro lavorativo più stabile ha dovuto rinviare progetti e sogni. Gli imprenditori che avevano programmato investimenti per ampliare le loro aziende hanno dovuto rivedere i loro piani di azione e difendersi da uno tsunami quasi inarrestabile per sopravvivere.
Se c’è un elemento del quale ognuno di noi ha fatto esperienza è quello della incertezza o, per rimanere nella terminologia utilizzata dal Presidente Mattarella, come anche da Papa Francesco, della precarietà.
Un imprenditore che impara a confrontarsi con la precarietà. Cosa può essere racchiuso in questa lezione inferta dalla pandemia? Quali risvolti potrà avere nella lotta al lavoro precario? Le chiusure e le riaperture delle attività economiche, ad esempio, rese necessarie dalle ondate dei contagi, potrebbero essere paragonate ai contratti a breve scadenza, dentro i quali un lavoratore tenta di programmare la propria vita? L’esperienza della incertezza può avere maturato nell’imprenditore una maggiore sensibilità nei confronti del lavoro dipendente precario?
Se così è, se così è stato, sarebbe importante non disperdere questa lezione, grazie alla quale, ne sono certa, gli imprenditori potrebbero dire addirittura qualcosa in più rispetto ai sindacalisti, per “meriti” acquisitii sul campo.
Una nuova sensibilità per un nuovo approccio al lavoro? Sarebbe davvero importante!