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venerdì, Marzo 29, 2024

Il terremoto, le macerie e la ripartenza del Paese

Il terremoto che ha colpito il Centro Italia impone a noi tutti di concentrare l’attenzione sul lavoro che uomini e donne, nell’esercizio delle loro mansioni (Forze dell’Ordine, Vigili e quant’altro) o nelle vesti di semplici volontari, stanno svolgendo senza sosta per aiutare le diverse comunità a risorgere e rimettere in piedi le loro vite. Ricostruire le case, i luoghi della quotidianità, non sarà facile. La ripartenza è la fase più delicata di un cammino che si preannuncia non facile, costellato di domani incerti e di domande precise.

Seppure in tutta la sua tragicità, questo è probabilmente uno dei momenti in cui il lavoro dell’uomo esprime tutta la sua nobiltà, la sua purezza, lontano da ogni tentazione disumanizzante di cercare solo un profitto senza sviluppo, di ledere la dignità dell’altro per sopraffazione o mero interesse. Uno di quei momenti in cui il termine lavoro e volontariato si fondono nella parola “servizio” e in cui appare ancora più chiara l’espressione “il lavoro porta su di sé il segno di una persona operante in una comunità di persone”, utilizzata da Giovanni Paolo II nell’enciclica Laborem exercens.

Servizio alla persona, alla comunità, perchè siamo persone e perchè siamo parte di una comunità. Tutto sembra possibile nelle circostanze definite “di emergenza”: sospendere i mutui, aprire le porte degli alberghi, stare in fila ore e ore per donare il sangue, in poche parole, aprire le porte della nostra vita all’altro, al nostro Paese, senza fare calcoli. Tutto questo e molti altri gesti acquistano una spontaneità disarmante, che si traduce poi in concreta realtà. Una realtà che lascia impietriti se si pensa che, invece, basteranno pochi giorni perchè tutto rientri e venga archiviato come un ulteriore capitolo della nostra storia. Eppure questa vicenda, come altre in precedenza, insegnano qualcosa di importante, ci urlano che una soluzione c’è, può esserci, è lì a portata di mano. Una soluzione a cosa?

E’ presto detto. Alla luce della straordinarietà appena descritta è facile pensare che anche altre soluzioni ai molteplici problemi del nostro Paese potrebbero essere possibili se solo ci fosse la volontà di abbandonare l’interesse particolare per abbracciare quello della collettività. In fondo, tutta l’italia si trova sotto le macerie di un sistema perverso e ingiusto sotto il cui peso soccombono ogni giorno di più tante persone, adulti e bambini.

Tanta gente ogni giorno piange perchè non ha una casa, perchè perdendo il lavoro ha perso tutto, perchè la banca non è disposta a venire incontro alle difficoltà del momento, perchè non trova porte che si aprono ma portoni che si chiudono. I volti di questa gente neppure li conosciamo. Uomini e donne sparsi in tutta Italia, che probabilmente si nascondono perchè hanno un po’ di vergogna a mostrare la fragilità, mentre il dibattito pubblico, invece, continua a svolgersi in maniera disinvolta e oziosa su temi come i diritti acquisti, i vitalizi, le lobbies, sulla ricerca di un potere e di una visibilità che sembrano essere diventati per molti le uniche ragioni di vita.

Spesso diciamo di voler trasformare l’ordinario in straordinario. In questi momenti, invece, ci accorgiamo che è necessario che la straordinarietà diventi ordinarietà, che alcune delle misure assunte in casi di emergenza, come quelli causati dal terremoto, diventino le misure della normalità per un Paese che ha bisogno di ripartire e che può ripartire solo se risorge dal proprio egoismo, se parole come solidarietà vengono composte non solo dalle lettere dell’alfabeto, ma dai volti e dalla carne delle persone. E il monito non è certamente rivolto ai volontari e alla gente comune.

Oggi, ad appena poche ore dal terremoto, non sarebbe stato possibile affrontare altro aspetto del lavoro se non quello della nobiltà che in queste ore stanno testimoniando tutti i soccorritori, insieme all’importanza di un processo di trasformazione di alcuni provvedimenti da straordinari  in ordinari; un processo delicato, che richiede certamente molto impegno da parte delle istituzioni, vista la condizione delle risorse di cui disponiamo, ma dal quale non è possibile sganciarsi per il bene di tutto il Paese.

Per il resto, ancora tantissima preghiera e vicinanza fattiva alle vittime del terremoto.

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