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venerdì, Settembre 22, 2023

Primo maggio: tre “semplici” cose da dire

In una ricorrenza così importante la prima cosa da dire è: non dimentichiamo l’importanza del Primo maggio. Non è un gioco di parole o l’ennesimo slogan. Il punto è che non bisogna dare per certo che tutti, o la maggior parte degli italiani, comprendano davvero che la festa di oggi non è solo un pretesto per non lavorare….anche perchè sempre più esercizi commerciali rimangono aperti al pubblico … e così sia. Oggi è un’occasione, un’opportunità per fare silenzio, dentro e fuori di noi, per fare il punto sulla nostra vita di lavoratori. Non lasciamoci attrarre solo dalle manifestazioni di piazza, importantissime, necessarie, il cui spirito battagliero non può sostituirsi a quello che deve caratterizzare la nostra quotidianità, il nostro personale impegno. Possiamo attingere forza dai momenti aggregativi, ma ogni giorno, ognuno di noi, singolarmente, anche in solitudine, è chiamato a compiere delle scelte chiare a favore del bene e contro il male, qualunque nome esso assuma.

La seconda cosa da dire è che il riferimento succitato “alla nostra vita di lavoratori” include anche i disoccupati. Ce lo dice l’articolo 4 della nostra Costituzione che ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società”. Il prof. Leonardo Bianchi ricordava, a tal proposito (leggi intervista), che “si tratta di un dovere fondamentale – interfaccia del diritto al lavoro – che va senz’altro recuperato al patrimonio della cultura civica condivisa (guardiamo, ad esempio, al tema dei cd neet). Esso va inteso come dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale e spirituale (in tal senso, anche il poeta o la monaca di clausura adempiono a tale dovere) della società”. La prigrizia, la rinuncia, lo scoraggiamento non possono far parte della nostra identità di persone, ancor prima che di cittadini e di “ufficialmente occupati”.

Per questo diciamo che i vecchi clichè, i marchi di pietismo, i luoghi comuni non sono bene accetti. E’ il disoccupato, forse, a languire ai margini della storia o, piuttosto, colui che, potendo essere protagonista, pur avendo il potere di cambiare le istituzioni, sceglie di non esercitarlo, proprio perchè ricurvo su se stesso e sui propri interessi?

La disoccupazione non è la vita in stand by e questa riflessione, ovviamente, vale per chi è contrario ad ogni forma di assistenzialismo, di assenteismo dalla propria responsabilità sociale. Tutte forme alle quali possono aderire anche coloro che sono ufficialmente occupati (vedi i furbetti del cartellino denunciati e reintegrati a lavoro). Tuttavia la disoccupazione è un problema con cui dobbiamo fare i conti, non vi è dubbio. Il modo con cui decidiamo di affrontarlo, però, può fare davvero la differenza, per iniettare fiducia e ripartire.

Questo ultimo passaggio, con particolare riferimento ai “furbetti”, consente di approdare alla terza cosa da dire. Nel nostro Paese ci sono tante leggi che difendono il lavoro e il lavoratore, anche da migliorare, tante proposte sono in attesa di essere approvate, e troppi imprenditori che le vìolano, consapevoli del grave momento che attraversiamo. Se oggi scendiamo in piazza, ci fermiamo, è per ricordare le tante battaglie a difesa del lavoro, i tanti uomini e donne che hanno pagato in prima persona perchè noi potessimo vivere in un mondo più giusto, con più diritti e anche doveri.

Proprio per questo il Primo maggio di oggi ha senso se decidiamo di assumere il dovere di combattere battaglie il cui esito vittorioso non è definitivo, non è mai per sempre. Tutto va difeso e custodito ogni giorno: dagli affetti alla libertà, compresi i diritti. Come difendere e custodire tutto questo? Con il coraggio di dire no al sopruso, no al ricatto, no alla schiavitù, e con uno sguardo che, libero da egoismi, sia capace di cogliere le necessità dell’oggi in cui viviamo.

Un no che non si compone soltanto di due lettere dell’alfabeto e che ha bisogno di schiene diritte e di fronti alte. Per questo, l’augurio di oggi per un buon Primo maggio, nonostante solo tre cose da dire non esauriscano l’universo della cose da dire, è: schiena diritta, fronte alta e….avanti!

 

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