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giovedì, Aprile 18, 2024

MISE, aggiungi un posto al tavolo

Davvero numerosi sono i tavoli di crisi aperti presso il MISE! Il peso di tale realtà possiamo davvero quantificarlo se con un bel po’ di pazienza andiamo a scorrere la sezione del sito del Ministero dello Sviluppo Economico dedicata alle imprese in difficoltà, distribuite su tutto il territorio nazionale. Numerosi i verbali e i dettagli che trasudano da quelle pagine. Dettagli che sanno di battaglie aperte e di atteggiamenti di chiusura, di attese da non deludere e di sogni infranti, di diritti violati e di doveri dimenticati.

Una “verità” messa a verbale, non semplicemente ipotizzata, che ci consegna un ulteriore dato: non è scontato che il motivo fondante dell’istituzione di un tavolo di crisi, ossia il lavoro, rimanga l’oggetto indiscusso del confronto che in tale sede viene aperto. Tutto questo nonostante la presenza di molteplici “rappresentanti di”.  Tanti, troppi sono gli interessi di parte che costituiscono di fatto un freno nel percorso di ricerca di soluzioni che siano sostenibili per tutti e, quindi, sostenibili per tutto il Paese.

Intanto, chi sono i protagonisti usualmente coinvolti in tali processi? Il MISE, gli enti territoriali, le aziende, i lavoratori attraverso le diverse organizzazioni sindacali. Manca forse qualcuno all’appello, va aggiunto un posto al tavolo delle trattative? Un posto andrebbe aggiunto, in effetti, in un punto ben visibile per tutti i partecipanti. Un posto, però, che dovrebbe rimanere vuoto.

A questo punto qualcuno potrebbe domandarsi: che senso ha aggiungere un posto se quel posto deve rimanere vuoto? Ci lasciamo andare a inutili giochetti quando la posta in gioco è serissima? Nessuno scherzo, nessun gioco inutile. La scelta di destinare un posto ad un’assenza è motivata da una necessità ben precisa. Ma andiamo per ordine.

Vito Mancuso, teologo italiano, editorialista di Repubblica, scrive nel libro “La vita autentica”:

“Un vero uomo è l’uomo libero da ogni servilismo esteriore, che non si inchina a baciare la mano di nessuno, nè desidera che qualcuno si inchini a baciare la sua, atteggiamenti che contrassegnano l’esistenza all’insegna del potere e non della libertà. Ed è libero da ogni servilismo interiore, ripulisce la mente da parole e concetti uditi da altri, se non è intimamente convinto. Egli non obbedisce, pensa. Ma pensa per cercare di obbedire alla verità, perchè sa che la più dura prigionia è quella verso se stessi e che essa può venire sconfitta solo da un amore più grande di quello verso se stessi, l’amore, appunto, per la verità che si dice come bene e come giustizia. Per questo la vita autentica è all’insegna del viaggio. (…) Per alcuni il viaggio verso l’autenticità sarà un esodo verso la patria, per altri solo un esodo senza patria, un’odissea senza Itaca. Penso però che per tutti valgano le celebri parole dell’Ulisse dantesco, secondo le quali, alla luce della nostra essenza di uomini, la vita autentica è quella vissuta all’insengna del bene (virtute) e dell’amore per la verità (canoscenza). Impostare tutte le relazioni sulla base di questi valori è la più grande fortuna che possa capitare nella vita”.

Ed ecco svelato l’arcano, dunque! Quella sedia, solo apparentemente vuota, ma in realtà occupata da valori che non hanno fattezze umane se non quelle di chi decide di concretizzarli nella quotidianità, dovrebbe appunto servire da monito per impostare relazioni giuste, soprattutto quando ci sono in ballo le sorti di una collettività. Non è assolutamente poco pragmatico o poco realistico, addirittura ridicolo, chiedere che si faccia uno sforzo in tal senso. E questo per un motivo molto semplice.

Ogniqualvolta viene convocato un tavolo di crisi presso il MISE e i rappresentanti delle diverse realtà coinvolte non raggiungono un accordo, la seduta viene aggiornata ad altra data. Il punto è che per alcuni, il lasso di tempo che intercorrerà tra un incontro e l’altro, sarà semplicemente la posticipazione di una riunione, senza che questo possa cambiare qualcosa nelle loro vite; per altri, invece, per i lavoratori che attendono un esito, una sentenza, sarà il prolungamento di un’agonia, di una incertezza giunta addirittura ad essere ritenuta normale, o quasi, nel tempo che viviamo.

E sempre a proposito di agonie, va detto che quei valori succitati, il bene e l’amore per la verità, potrebbero anche indurre ad addivenire a soluzioni non facili, poco accomodanti per i lavoratori di un’azienda in crisi, soprattutto quando alcune vie non sono più percorribili. Questo è un risvolto doloroso della medaglia, che apre a percorsi dolorosi. Dolorosi ma necessari, che necessitano di accompagnamento e non di abbandono, perchè la posta in gioco è la vita del Paese.

 

 

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