Non accennano a diminuire le proteste popolari in Sri Lanka. Le politiche attuate nell’ultimo periodo dal governo non hanno fatto altro che peggiorare un quadro economico già in stato comatoso: carenze di beni di prima necessità, forte spirale inflazionistica, forza lavoro sfruttata all’estremo e rischio di default incombente.
La classe governativa del Paese non ha fatto altro che implementare politiche che hanno avuto come unico risultato uno spropositato aumento del debito pubblico. Lo Sri Lanka dipende ormai quasi completamente dalle importazioni di derrate alimentari, gas, energia e medicine ( in virtù dello scarso valore di mercato della valuta nazionale).
Si tratta per il Paese della peggiore crisi economica dal 1948( anno in cui è stata ottenuta l’indipendenza dal Regno Unito): il debito pubblico si attesta intorno ai 50 miliardi di dollari, il Prodotto interno Lordo perderà prossimamente tra i 4 e i 5 punti percentuali.
Dalla scorsa primavera il malcontento popolare è andato aumentando progressivamente fino all’irreparabile: negli scorsi giorni i cittadini hanno occupato il palazzo presidenziale; come conseguenza il Presidente Rajapaksa si è visto costretto a fuggire alle Maldive e diversi esponenti di governo si sono dimessi.
L’esercito e le principali forze armate del Paese stanno tentando il tutto per tutto per arginare i ripetuti episodi di violenza succedutisi nelle scorse ore. Per fronteggiare al meglio questo difficile periodo per la Nazione, caratterizzato da una forte crisi economico-finanziaria, si pensa alla formazione di un esecutivo di unità nazionale alla cui guida ci sarà Ranil Wickremesinghe.
In programmazione aiuti economici da parte dei principali istituti finanziari a livello mondiale, tra cui anche il Fondo monetario internazionale che promette di destinare al Paese un pacchetto da 51 miliardi di dollari.