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lunedì, Dicembre 11, 2023

Il messaggio di Mattarella agli aspiranti statisti

Ho letto e riletto il messaggio di fine anno del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Come di consueto molteplici sono stati i commenti dei diversi esponenti politici e non solo. Reazioni a caldo, in alcuni casi composte da parole vuote, scelte a corredo di un pensiero sempre più assente e oramai irricevibile.

Le espressioni di ringraziamento non sono mancate, dicevo. Tutti hanno apprezzato il richiamo alla responsabilità, al senso del dovere, al senso delle istituzioni. Qualcosa non torna, però, e tra i miei pensieri si fa strada una domanda: i rappresentanti politici hanno capito di essere tra i destinatari del messaggio del Presidente?

E’ come se i commenti al messaggio suonassero come un: “Fa bene il Presidente a ricordare agli altri, non a me, alcune cose”. Un grazie che indirizza le parole di Mattarella all’avversario di turno. Se questi si collochi all’interno della maggioranza o dell’opposizione non fa differenza.

Io, comunque, suggerirei gli aspiranti statisti di riflettere almeno su tre punti:
1. Il Presidente della Repubblica ha fatto riferimento ad un diffuso rilassamento tra la prima offensiva del virus e la seconda:

“L’arrivo dell’estate ha portato con sé l’illusione dello scampato pericolo, un diffuso rilassamento. Con il desiderio, comprensibile, di ricominciare a vivere come prima, di porre tra parentesi questo incubo”.

Il diffuso rilassamento non può essere rimproverato solo ai cittadini, agli imprenditori, ai titolari di club e discoteche. E’ chiaro, almeno per me, che Mattarella, attraverso questa quasi gentile espressione, abbia voluto rimproverare la lentezza del Governo e delle Regioni nella scarsa ed inefficace preparazione all’autunno, alla temuta e certa seconda ondata, nella organizzazione della riapertura delle scuole e Università. Rimproverare e allo stesso tempo invocare il tanto desiderato ritorno ad una normalità che non può attendere.

Tracciamenti fuori controllo, trasporti pubblici affollati, terapie intensive non sufficienti, la mancanza di personale sanitario, la rincorsa del virus tra un DPCM e l’altro…tra una diretta e l’altra.

2. In tempi difficili non si deve rinunciare alle proprie idee:

“Non si tratta di annullare le diversità di idee, di ruoli, di interessi ma di realizzare quella convergenza di fondo che ha permesso al nostro Paese di superare momenti storici di grande, talvolta drammatica, difficoltà”.

In tempo di crisi non è vietato dissentire da una linea di condotta dominante, soprattutto se questa è palesemente errata o addirittura pericolosa per la salute stessa delle istituzioni.

Un lavoratore, in tempo di crisi, deve forse accettare supinamente la soppressione di alcuni suoi diritti? I cittadini di un comune commissariato per mafia, che assistono perplessi al continuo posticipo delle elezioni per il rinnovo del consiglio comunale, dovuto in primis ad una macchina statale incapace di trovare una soluzione e di avviare un dialogo in tempi di pandemia, devono forse tacere e assuefarsi alla sospensione della democrazia?

Mattarella ha parlato di convergenza e la convergenza fa a pugni con l’autoreferenzialità.

3. No alla dispersione delle risorse.

“I prossimi mesi rappresentano un passaggio decisivo per uscire dall’emergenza e per porre le basi di una stagione nuova. Non sono ammesse distrazioni. Non si deve perdere tempo. Non vanno sprecate energie e opportunità per inseguire illusori vantaggi di parte. E’ questo quel che i cittadini si attendono. La sfida che è dinanzi a quanti rivestono ruoli dirigenziali nei vari ambiti, e davanti a tutti noi, richiama l’unità morale e civile degli italiani”.

Proprio qualche giorno fa, dalle colonne del Corriere, Sabino Cassese, giudice emerito della Corte Costituzionale, ha definito il bilancio di previsione dello Stato per il 2021 “la sagra del corporativismo, un coacervo di misure che accollano alle generazioni future un forte debito aggiuntivo”. Protagonisti il settorialismo e la non pianificazione. Vorrà dire qualcosa circa il pericolo che corriamo?

Il nostro Presidente della Repubblica ha parlato da vero Garante della Costituzione. Ha evidenziato le ombre e le luci che in questo tempo si alternano. Non ha fatto mancare la sua sensibilità, la sua prossimità.

Ha detto in modo chiaro che la normalità non può attendere e la pandemia non può essere un pretesto per creare precedenti che indebolirebbero lo Stato di diritto o quel che ne rimane. Solo all’interno di uno Stato di diritto possono essere sanate le vecchie e le nuove disuguaglianze. 

Questo ha fatto Mattarella, dando anche una gran lezione di stile al nostro attuale Presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Agli italiani bisogna parlare con il linguaggio dell’autorevolezza e non con quello di un ormai insopportabile paternalismo.

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