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giovedì, Aprile 18, 2024

Il Lavoro nel Contratto di governo M5S-Lega: cosa cambia?

Quello che di primo acchito colpisce del Contratto di Governo M5S-Lega è che i diversi punti programmatici inseriti sono elencati in ordine alfabetico e non in base alle priorità di intervento che richiedono o agli ambiti di appartenenza. Un modo per non esporsi troppo in favore di qualche misura in particolare? Resta il fatto che, per conoscere e comprendere meglio quanto spazio e quale spazio venga dedicato nel documento al tema del lavoro e dell’occupazione, è necessario leggere integralmente il testo, anche più volte, dal momento che alcuni paragrafi non chiariscono quale sia l’obiettivo da raggiungere e il percorso da intraprendere per realizzarlo.

Per fare chiarezza e, soprattutto, per far emergere la bontà delle considerazioni che seguono – mai contro qualcuno e sempre a favore di Qualcosa – anche The Job Enquirer proverà a prendere in prestito alcune lettere dell’alfabeto – magari non in ordine, il disordine a volte è da preferire – per focalizzare almeno cinque punti, senza alcuna pretesa di esaustività:

M come Memoria

Nel contratto di governo viene dedicato ampio spazio al Made in Italy, soprattutto in riferimento all’agricoltura e alla pesca (punto n.3). Viene, infatti, sottolineato come “Storicamente il Governo italiano è stato remissivo e rinunciatario in Europa rispetto alle esigenze del settore agricolo, preferendo spesso lasciare il campo ad interessi europei opposti rispetto alle esigenze nazionali”. E ancora: “prioritario adottare un sistema di etichettatura corretto e trasparente che garantisca una maggiore tutela dei consumatori”.

Cosa c’entra la memoria? Salta all’occhio pensare ad un Made in Italy ben etichettato, che tuteli il consumatore, senza trovare tra le righe del paragrafo un riferimento alla tutela di chi lavora in agricoltura. Il Made in Italy, oltre ad essere tutelato, non dovrebbe essere macchiato di sangue e di schiavitù. La memoria, dunque, ci riporta ad una importante conquista in materia di lavoro: la legge per il contrasto al caporalato e al lavoro nero in agricoltura, approvata nella precedente legislatura. Una legge di civiltà, come è stata ben definita, per l’applicazione e l’efficacia della quale occorre fare ancora molto (leggi anche Caporalato in agicoltura: a che punto è l’agenda). Memoria, dunque, non per conferire premi al precedente Governo (ci sono battaglie che non hanno colore partitico) ma per ricordare come debba esserci continuità in un lavoro innegabilmente necessario e innegabilmente delicato, per il quale non è sufficiente la sola repressione delle Forze dell’Ordine che, come vedremo, hanno un posto importantissimo nel contratto di M5S e Lega.

I come Intederminatezza

Sotto questo titolo merita di essere inserito il punto riguardante il contrasto alle mafie, troppo generico, poca esposizione per una piaga che sanguina e che fa sanguinare il nostro Paese, anche con riferimento al lavoro: estorsioni, gare d’appalto truccate (leggi anche Codice Appalti: dove vai se il cartello colluso non ce l’hai), lo stesso caporalato appena menzionato è frutto della presenza capillare delle mafie. Anche il punto n. 4 merita di essere qui menzionato. Cosa vuol dire esattamente “Con riferimento all’ILVA, ci impegniamo, dopo più di trent’anni, a concretizzare i criteri di salvaguardia ambientale, secondo i migliori standard mondiali a tutela della salute dei cittadini del comprensorio di Taranto, proteggendo i livelli occupazionali e promuovendo lo sviluppo industriale del Sud, attraverso un programma di riconversione economica basato sulla chiusura delle fonti inquinanti, per le quali è necessario provvedere alla bonifica, sullo sviluppo della Green Economy e delle energie rinnovabili e sull’economia circolare?” Il mancato sviluppo industriale del Sud è dipeso dal non aver finora attuato il programma di riconversione esposto? Che posto continueranno ad occupare le ZES (Zone Economiche Speciali)?

E cosa vuol dire che “particolare attenzione sarà rivolta al contrasto della precarietà per costruire rapporti di lavoro più stabili e consentire alle famiglie una programmazione più serena del loro futuro?” Significa forse tornare all’articolo 18? Prevedere una nuova definizione di flessibilità? E’ chiaro che la precarietà del lavoratore rappresenta ovvi motivi un problema da risolvere (leggi anche Trasformazioni del lavoro: il contratto è tempo) e, proprio per questo, non sono sufficienti dichiarazioni di intenti, sulle quali nessuno potrebbe e può obiettare.

Retribuzione equa, secondo articolo 36 della Costituzione. Anche qui un richiamo alla memoria, dal momento che nella Legge di bilancio 2018 è stato dichiarato lo stop al pagamento degli stipendi in contanti e a tutto quello che ne può derivare (leggi anche Buste paga: qualcosa di nuovo, anzi di antico, nel DDl Di Salvo).

L’indeterminatezza riguarda soprattutto il punto relativo “all’introduzione di una legge salario minimo orario che, per tutte le categorie di lavoratori e settori produttivi in cui la retribuzione minima non sia fissata dalla contrattazione collettiva, stabilisca che ogni ora del lavoratore non possa essere retribuita al di sotto di una certa cifra“. Come verrà stabilita questa cifra? E soprattutto, quale sarà il rapporto di questo Governo con le parti sociali, con i corpi intermedi?

Il ripristino dei voucher? Anche in questo ambito, alla luce della repentina abolizione/trasformazione dello strumento dei buoni lavoro, per i motivi che ben conosciamo (leggi anche Voucher: come si cambia per non morire?), come si procederà? Si legge che “Occorre pertanto porre in essere una riforma complessiva della normativa vigente volta ad introdurre un apposito strumento, chiaro e semplice, che non si presti ad abusi, attivabile per via telematica attraverso un’apposita piattaforma digitale, per la gestione dei rapporti di lavoro accessorio“. L’INPS ha già a disposizione una “via telematica”.  A tal proposito ricordiamo sempre quanto diceva Clemente Alessandrino, un Padre della Chiesa: “lo strumento, se lo usi con arte, è capace di arte; se sei privo di arte, trae un bel guadagno dalla tua incapacità, senza esserne causa”.

C come Continuità

Fermo restando quanto sia necessario intervenire per diminuire la pressione fiscale, per contrastare l’evasione fiscale, non esclusivamente dipendente dalla prima, occorre avere coraggio per investire sui giovani e sul futuro. Al paragrafo 13 leggiamo che “Favorire gli investimenti in imprese giovani, innovative e tecnologiche, significa scommettere sul futuro e valorizzare il merito e la ricerca“. La misura “Resto al Sud” (leggi anche Resto al Sud. No, tu no) verrà potenziata? Verranno individuati nuovi strumenti o si proverà a migliorare quelli esistenti?

P come Politiche Attive

Il reddito di cittadinanza è una misura attiva rivolta ai cittadini italiani al fine di reinserirlo nella vita sociale e lavorativa del Paese. Garantisce la dignità dell’individuo e funge da volano per esprimere le potenzialità lavorative del nostro Paese, favorendo la crescita occupazionale ed economica”. Reddito di cittadinanza collegato “alla pianificazione di un potenziamento generale di tutti i centri per l’impiego sul territorio nazionale per: incrementare la presenza, efficienza e qualità dei servizi per l’impiego; identificare e definire idonei standard di prestazione dei servizi da erogare; adeguare i livelli formativi del personale operante“. Il reddito di cittadinanza può davvero essere definita una misura attiva per il lavoro? Cosa faremo a proposito dei NEET (leggi anche Nel silenzio assordante dei Neet)? E per i Centri per l’impiego si ripartirà dalla riforma del 2015?

E come Esercito

Nuove assunzioni nelle Forze dell’ Ordine, Polizia Locale, Polizia Penitenziaria, Carabinieri.  Gesualdo Bufalino ha scritto che la mafia sarà vinta da un esercito di maestre elementari. Non solo repressione ma formazione. Anche la scuola, infatti, ha un posto importante nel contratto di governo. Leggiamo che “Sarà necessario assicurare, pertanto, anche attraverso una fase transitoria, una revisione del sistema di reclutamento dei docenti, per garantire da un lato il superamento delle criticità che in questi anni hanno condotto ad un cronico precariato, dall’altro un efficace sistema di formazione“. Quanto durerà questa fase transitoria? Chi pagherà il costo di questa operazione? Bene l’abolizione della chiamata diretta da parte del dirigente scolastico. E a proposito di “dirigente”, non potrebbe essere che la vera riforma della Scuola passi anche dal ripristino del termine Preside? Il dirigente lo troviamo in un’azienda, ma la scuola non è un’azienda. E ricordiamo anche che una scuola efficiente ha bisogno anche della collaborazione di genitori maturi.

Bene lavorare con e per le Università, ma quale sarà il rapporto con gli intellettuali?

Una lettura attenta del programma ci consegna un Paese che non è all’anno zero, che ha fatto molto, tra luci e ombre (come viene evidenziato nei post dedicati ai singoli provvedimenti dei quali si suggerisce la lettura). Se il cambiamento, però, non è poi così visibile, non è da attribuire all’efficacia delle riforme, tutte perfettibili, ma al rispetto che di esse noi cittadini abbiamo avuto. Al rispetto delle riforme e ancor prima dei principi di quella Costituzione che amiamo tanto difendere, seppur a parole.

Questo richiama ad un principio fondamentale: la libertà.

Ed è solo nella libertà che l’uomo può volgersi al bene. Impariamo ad amarla e a custodirla di più, prima che sia troppo tardi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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