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venerdì, Aprile 19, 2024

Il castello di sabbia

“Che strano!”, ho esclamato qualche giorno fa davanti ad un castello di sabbia. Il “capolavoro” che da piccoli costruiamo con tanta gioia, sotto un sole cocente, che abbelliamo con tante piccole pietre colorate, è qualcosa dal quale, una volta diventati adulti, dobbiamo tenerci alla larga.

La casa costruita sulla roccia e non sulla sabbia, per sottolineare la robustezza della prima e la fragilità della seconda. Casa che può voler dire in sostanza un progetto di vita: che sia la famiglia, un impegno sociale differente, non importa. Ciò che conta, ci viene ricordato, sono le fondamenta di un progetto, le basi sulle quali costruiamo.

Eppure, maturando, custodendo sentimenti nuovi, credo che quel castello sulla sabbia non sia proprio da mettere via, da accantonare nell’età della fanciullezza. Non tanto per la costruzione in sé, ma per quello che ci trasmette l’essere a contatto con qualcosa che per vivere, per prendere forma ha bisogno proprio delle nostre mani, della nostra fatica.

Sì, perché, quella gioia di fare e disfare, di pensare sempre a forme nuove, di abbellire, la forza di non abbatterci anche quando il castello viene giù, di non percepire il sole cocente sulla testa o sotto i piedi pur di vedere il nostro capolavoro completato, sono sensazioni e fattori certamente trasferibili nella realizzazione di impegni importanti. Questi, magari, acquistano solidità proprio grazie alla caparbietà e alla perseveranza di un fare e disfare, continuamente.

Le fondamenta sono importanti. Per costruire, però, serve soprattutto una motivazione.

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