Neanche il tempo di insediarsi come nuovo monarca e Re Carlo III deve già misurarsi con delle sfide non indifferenti: la più importante è quella di preservare un legame unitario tra i Paesi del Commonwealth.
Dopo la morte della Regina Elisabetta, infatti, i malumori delle ex colonie britanniche stanno aumentando nuovamente: le spinte indipendentiste provenienti da Scozia, Galles, Irlanda del Nord, Australia e Paesi Caraibici stanno preoccupando, e non poco, i reali d’Inghilterra.
Nonostante le rassicurazioni pervenute dall’incontro a inizio settembre tra Carlo e i delegati dei vari governi dei Paesi in questione, la situazione non sembra essere molto chiara.
Nei Caraibi, le Barbados si sono proclamate Repubblica nel 2021, prendendo le distanze dalla Corona inglese. Antigua, Barbuda, Giamaica e Belize presto potrebbero seguire.
In Oceania, invece, la premier neozelandese Jacinda Ardern si è detta convinta che un cambiamento istituzionale arriverà in futuro, ma occorre che queste scelte siano sempre ben ponderate.
Segnali di drastica rottura arrivano, invece, dall’Australia: la volontà popolare di cambiare forma di stato, da monarchia a Repubblica, sta prendendo sempre più piede. Il nuovo premier Anthony Albanese è arrivato al punto di proporre la rimozione dell’effigie della Regina Elisabetta dalle monete e dalle banconote stampate dalla Zecca australiana.

Ritornando in Europa, anche nel Regno Unito il desidero di indipendenza dalla Corona dei Paesi membri del Regno Unito sta per toccare un punto di non ritorno: la Scozia, tramite un referendum popolare, vorrebbe ottenere l’indipendenza entro il 2023.
1/4 dei cittadini gallesi, stando a quanto dicono i sondaggi, sembra si siano pronunciati favorevolmente alla separazione dal Regno di Sua Maestà.
L’Irlanda del Nord, dopo decenni di guerra civile, con il movimento indipendentista di Sinn Fein, sogna l’indipendenza da Londra e la riunificazione con la Repubblica D’Irlanda.