Caro Giovanni, chi siamo noi? Ancora oggi siamo in cerca di una verità che completi quella già accertata. Questo vale per te, Giovanni Falcone, per Paolo Borsellino e per molte altre vicende italiane. Il punto, però, in questo anniversario non è tanto porsi la domanda: chi è stato? Una domanda ancora più utile che dovremmo e potremmo porci, caro Giovanni, è questa: chi siamo noi oggi?
Noi che ricordiamo te, i tuoi cari, la tua scorta. Noi che divoriamo libri e facciamo crescere l’audience di trasmissioni che ripercorrono la tua storia fino al capitolo posto al centro della narrazione: la tua morte. Ci sono tanti capitoli che seguono, ma di quelli non ne parla nessuno. Non ne parliamo noi. E tutto perché dovremmo leggere una verità che ci sconvolge, ancora più feroce della tua morte: la nostra. “Ci sono uomini morti che profumano di vita e uomini vivi che puzzano di morte”.
Chi siamo noi oggi? Cosa facciamo per contrastare mafia, ndrangheta e prima ancora la mentalità mafiosa? A volte interpretiamo come pura maleducazione alcuni gesti compiuti sotto i nostri occhi. In realtà sono il frutto di una mentalità mafiosa, ovunque molto radicata. Se qualcuno, infatti, si permette di venire a casa tua e domandarti perché per eseguire alcuni lavori hai preferito un altro al suo posto, è maleducazione o mentalità mafiosa? Se un uomo non ha il coraggio di denunciare un pericolo sul luogo di lavoro, che potrebbe costituire una seria minaccia alla salute e alla vita propria e degli altri, non è forse condizionato da una mentalità mafiosa che induce a far concepire il lavoro come una concessione e non un diritto? Quante sentenze della Cassazione si sono pronunciate a favore di lavoratori licenziati per essersi rifiutati di lavorare in condizioni di insicurezza! Eppure c’è ancora tanta paura di denunciare.
Ecco che allora lo sguardo e l’attenzione si focalizzano ad un livello un po’ più alto rispetto al vivere e operare delle persone semplici. Un livello più alto, istituzionalmente parlando. La corruzione è ovunque, ma se mette su casa nelle istituzioni il suo peso è ovviamente diverso. A riguardo il Presidente della Repubblica è stato molto chiaro questa mattina, ricordando che la credibilità della Magistratura è imprescindibile nella lotta alla malavita organizzata, qualunque nome essa abbia.
Sarebbe terribile, però, anche inutile, se lo sguardo, il nostro sguardo si fermasse allo stato di salute delle istituzioni.
“Nessuna zona grigia, nessuna omertà né tacita connivenza: o si sta contro la mafia o si è complici dei mafiosi. Non vi sono alternative”. Il monito del Presidente della Repubblica è rivolto a tutti.
Con il nostro sguardo dobbiamo tornare a quel 23 maggio 1992, a quella esplosione terribile, perché quella deflagrazione ci desti dal sonno in cui tendiamo a sprofondare, dalla insidiosa accidia che prova instancabilmente ad imprigionare ogni nostro impulso di vita e di bene. Non abbiamo bisogno di un Paese in cui ci sia sempre un ricco disposto a devolvere il suo di più ad un povero. Abbiamo bisogno di costruire una società in cui tutti abbiano le stesse possibilità e libertà di autodeterminarsi. Perché ciò avvenga dobbiamo impegnarci ad essere persone vive nel corpo e nello spirito.
Abitare il presente, ci ha ricordato Papa Francesco nella Solennità di Pentecoste, come unico e irripetibile tempo per fare il bene per noi e per gli altri.