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venerdì, Aprile 19, 2024

Aeroporto dello Stretto e una rotta verso la salvezza

Nel quadro della difficile e delicata questione che interessa l’aeroporto dello Stretto, intitolato al reggino Tito Minniti, continua a gonfiarsi l’elenco delle istituzioni chiamate in causa a risolvere il problema della chiusura dello scalo a seguito anche del disimpegno di Alitalia.

A chiama in causa B, B chiama in causa C e così via.

Peccato, però, che nè A,B,C chiamino in causa la storia passata con i suoi protagonisti e le ragioni che hanno portato alla situazione che oggi decreta definitivamente la crisi. Le ragioni di un problema non vanno individuate nel presente, bensì nel passato. Il presente accoglie semplicemente quanto il passato consegna e il presente può trovare delle soluzioni solo se consapevole del suo passato e delle responsabilità di chi ha operato in quel lasso di tempo ben preciso.

Il giornalista Antonello Caporale, qualche anno fa, nel suo libro “Mediocri – I potenti dell’Italia immobile”, mise in evidenza due punti importanti, che interessano in maniera non marginale la questione:

  1. l’Italia, pur avendo una superficie territoriale inferiore a quella della Francia, ospita ben 101 aeroporti, mentre la Francia solo 43. Dei 101 aeroporti solo 45 sono aperti al traffico commerciale;
  2. nel nostro Paese la compagnia Alitalia è stata utilizzata in passato anche per uso privato, da parte di alcuni politici, anche calabresi.

Come sono gestiti tutti gli aeroporti presenti sul territorio italiano? Quanto costano? E’ plausibile pensare che quei politici macchiatisi in passato di pretese ingiuste e ingiustificate, non abbiano considerato nè le possibili conseguenze che le tratte stabilite ad personam avrebbero potuto avere in termini economici sulle casse dell’Alitalia e del Paese tutto, nè ragionato su come trasformare aeroporti marginali in aeroporti strategici e, pertanto, capaci di resistere nel tempo e offrire nuovi servizi al territorio e opportunità di lavoro?

Voltiamo pagina.

Visto che il Mezzogiorno è tornato oggi al centro dell’agenda della politica, almeno da quanto è possibile cogliere dai propositi e dalle decisioni del Governo Gentiloni, potrebbe essere utile domandarsi:

a) esistono ancora tratte Alitalia ad uso privato che andrebbero abolite a beneficio del mantenimento di tratte utili, soprattutto per mantenere il collegamento con parti del Paese che, diversamente, rimarrebbero ancora più isolate?

b) se queste tratte inutili (utili per pochi e dispendiose per molti) esistono, sarebbe possibile discuterne nell’incontro  con il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Graziano Delrio? Può in questo caso levarsi forte la volontà politica di dare concretezza ai propositi di rimettere il Meridione al centro dell’agenda del Paese?

c) è possibile riprendere in mano il Piano Nazionale Aeroporti, aggiornato al 2012, realizzato  dall’Ente Nazionale per l’Aviazione Civile (Enac) e dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, e rileggere la parte dedicata alla macroarea del Sud, in particolare agli scali della Calabria? Proprio in questa sezione, in merito all’aeroporto di Reggio Calabria, viene riportato che “in ragione dei limiti infrastrutturali e della posizione geografica marginale rispetto al territorio calabrese, nonché della forte concorrenza dell’aeroporto di Lamezia Terme (che sarà in futuro ancora meglio collegato sia su gomma che su ferro al bacino ampio), è indicato un ruolo di servizio in risposta alla domanda di traffico locale, estesa anche alla provincia di Messina”. Idem per l’aeroporto di Crotone: “in ragione della posizione geografica marginale rispetto al territorio calabrese, nonché della forte concorrenza dell’aeroporto di Lamezia Terme, è riservato un ruolo di servizio al traffico del sistema calabrese, ruolo che potrà essere ancora più efficace con il potenziamento delle infrastrutture e dell’accessibilità programmate”.

In ragione dell’assetto delineato – continua il report -nonché delle diverse potenzialità e capacità degli scali, il traffico totale previsto al 2030 per l’area del Sud evidenzia come Reggio e Crotone siano fanalino di coda per i servizi che possono e potranno offrire. Il report risale al febbraio del 2012 ed è spontaneo domandarsi cosa si sia fatto da allora e se questo documento sia stato preso in considerazione da chi di competenza.

Insomma, la situazione marginale dell’aeroporto dello Stretto e la condizione di difficoltà della SoGAS  S.p.A, “società di gestione dell’Aeroporto dello Stretto, partecipata da Provincia di Reggio Calabria (ancora?), Comune di Reggio Calabria, Regione Calabria e Camera di Commercio di Reggio Calabria, operativa dal 1986 e sotto il controllo dell’Ente Nazionale per l’Aviazione Civile” che, ha redatto il report summenzionato, era già nell’aria.

La stessa società riportava nel suo sito un‘analisi comparata della composizione del traffico negli anni 2016-2013, attraverso la quale evidenziava, con l’ausilio di grafici, “la percezione della storica preponderanza di un unico vettore su tutti gli altri anche determinata dal presenza delle limitazioni tecnico – operative di fatto divenute ormai “anacronistiche” alla luce degli interventi sulle infrastrutture di volo nonché delle innovazioni tecnologiche introdotte dalle case costruttrici di aa.mm.” e “una riduzione delle compagnie operanti a causa della serpeggiante crisi economica che ha travolto parecchi dei vettori operanti causando, tra l’altro, un notevole danno economico al Gestore”.

Ricapitolando: aeroporto non strategico, con un report che evidenziava già nel 2012 le percentuali bassissime di capacità di gestione del traffico previste fino al 2030, una società di gestione in serie difficoltà, pure manifeste. Detto questo, è lecito domandarsi: come verrà risolta l’intera questione se i fattori che hanno determinato la crisi, vedi limiti infrastrutturali e della posizione geografica marginale rispetto al territorio calabrese, vedi la scomparsa dallo scalo degli altri vettori, permangono?

Per scongiurare l’abbandono di Alitalia, si avrà il coraggio di mettere mano all’intero impianto e alla verifica di tante tratte, poco utili, servite ancora dalla compagnia aerea? Che ripercussioni ci saranno per i lavoratori coinvolti in questa vicenda? Con quali prospettive di lavoro dovrà inserirsi il nuovo gestore dell’Aereoporto dello Stretto?

Il Ministro allo Sviluppo Economico, Carlo Calenda, in merito alla crisi Alitalia, ha chiesto espressamente la presentazione di un piano industriale, prima di procedere ad un tentativo di soluzione. Magari, visto l’intreccio della crisi Alitalia con quella dell’Aeroporto dello Stretto,  sarà la volta buona per rivedere sprechi e sprigionare risorse buone.

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