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giovedì, Aprile 25, 2024

A proposito di stanze e di bottoni

“Per Salvini c’è una «stanza dei bottoni» nella quale sono asserragliati élite, «poteri forti», banche e finanza, difesi dalla sinistra. Stupisce che un politico avvertito (qualcuno direbbe oggi «scafato») sia prigioniero di tanto rozze mitologie e luoghi comuni”. Sabino Cassese, giudice emerito della Corte Costituzionale, ha tuonato così questa mattina dalle colonne del Corriere delle Sera. Un editoriale da leggere per la puntualità e soprattutto la lucidità di pensiero che aprono alla delicata questione delle istituzioni, ancora oggi troppo trascurata.

L’intera delicata questione del bene comune, e quindi anche del lavoro, non può non essere affrontata alla luce di una dimensione istituzionale. In un saggio di Daron Acemoglu e James A. Robinson “Perché le nazioni falliscono. Alle origini di prosperità, potenza e povertà” (il Saggiatore, Milano 2013) vengono tracciate due tipologie di istituzioni: “estrattive” e “inclusive”. Il prof. Flavio Felice,  Presidente del Centro Studi Tocqueville-Acton, le ha così sintetizzate:

le istituzioni estrattive comportano una società fondata sullo sfruttamento della popolazione e sulla creazione di monopoli e oligarchie riducendo gli incentivi e la capacità di iniziativa economica della maggior parte della popolazione; vengono usate da determinati gruppi sociali e corporazioni, talvolta anche con il tacito o esplicito consenso del decisore pubblico per appropriarsi del reddito e della ricchezza prodotta da altri;  realizzano un assetto istituzionale tale da permettere lo sfruttamento di grandi ricchezze da parte di pochi, a danno di molti.

Le istituzioni inclusive, invece, permetterebbero, incoraggerebbero e favorirebbero la partecipazione del maggior numero possibile di persone, al fine di canalizzare nel modo migliore i talenti e le abilità, permettendo a ciascuno di realizzare il proprio progetto di vita; necessitano di uno Stato forte e imparziale che garantisca il libero accesso a tutti alla competizione; Lo Stato deve essere regolatore e arbitro, ma mai giocatore, o peggio, colluso con qualche giocatore.

Le istituzioni, scrive ancora il prof. Felice, non sono eticamente e culturalmente neutre. Le istituzioni sono riducibili ad idee e a ideali che stanno in capo ad individui. Idee e ideali sedimentati nella cultura civile di un popolo o di una comunità, tradotti in regole che, una volta abbracciate, implicano comportamenti ripetuti e che se trasgredite prevedono la sanzione. Per questa ragione, le istituzioni non sono tutte uguali e non solo perché presentano funzioni differenti.

Esse differiscono anche per ragioni qualitative e la qualità è data dal contenuto umano e morale proiettato dai soggetti che in esse operano e che con esse hanno a che fare. Per questa ragione, crediamo che la distinzione proposta da Acemoglu e Robinson tra istituzioni inclusive ed istituzioni estrattive sia la più adatta, dal punto di vista teorico, ad esprimere la qualità che rende le istituzioni cristianamente adeguate ad aggredire la questione sociale.

Più che insistere sulla esistenza o meno della stanza dei bottoni, espressione utilizzata, a dire il vero, anche dai comuni mortali e non solo dai politici, di tentare costantemente di creare un nemico dal quale il cittadino dovrebbe difendersi, di impedire un sano dialogo per l’incapacità di focalizzare il nodo dei problemi, dovremmo soffermarci sulla salute delle istituzioni, partendo proprio dal riconoscimento della loro inclusività o estrattività. Riconoscere e decidere da quale parte stare, a quale isituzioni dare vita con il nostro contributo.

 

 

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