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venerdì, Marzo 29, 2024

48ma Settimana Sociale dei cattolici in Italia: ristabiliamo la verità

Appena due giorni fa ci siamo lasciati con una domanda ben precisa: l’Italia è un Paese ricco di contraddizioni o semplicemente complesso? La complessità favorisce le contraddizioni. Le contraddizioni aumentano la complessità. A loro volta le complessità e le contraddizioni sono favorite da un ulteriore elemento di cui il nostro Paese sembra fare volentieri a meno: la memoria.  In fondo quel senso di indefinito che ha marchiato i pensieri del post dedicato alla penultima giornata di lavoro della 48ma Settimana Sociale dei cattolici in Italia è dovuto proprio a questa parte mancante: la memoria. Contraddizioni, complessità, mancanza di memoria, e tutto questo a discapito della verità. Quale?

Durante la quattro giorni di Cagliari è stato ricordato spesso il periodo che ha segnato l’inizio della crisi economica nel nostro Paese, ossia il 2008. Il riferimento a questa data, divenuta ormai storica, è stato fatto trascurando abbondantemente un passaggio. All’indomani della medesima data, ed esattamente nel 2010, i cattolici italiani lavorarono per consegnare al Paese, non quattro proposte, trenta passi o un piano, bensì una vera e propria agenda di speranza per il suo futuro. La mobilitazione del laicato manifestatasi in preparazione della 46ma Settimana Sociale dei cattolici italiani fu grandiosa, tanto che si arrivò a parlare del “popolo di Reggio Calabria”. Quella edizione si svolse proprio in quella città, anche questa nel Mezzogiorno d’Italia.

Purtroppo la memoria difetta e non avanziamo ipotesi sul perchè questo accada. Il dato certo è che affermare, come è stato fatto nei giorni precedenti, che una mobilitazione ed un coinvolgimento dal basso non vi era mai stata in occasione di una Settimana Sociale non corrisponde al vero. Ristabiliamo la verità iniziando a ricordare non solo la grande mobilitazione che fu utile a redigere un’ agenda per l’Italia, grazie anche al grande lavoro del comitato scientifico allora in carica, ma alcuni punti che quella “agenda per riprendere a crescere” propose in relazione al tema del lavoro:

Intraprendere. In Italia c’è ancora una riserva di capacità di lavoro e di impresa che non teme il mercato. È certo questa una delle condizioni che ci consente di guardare realisticamente alla ripresa delle crescita secondo e verso il bene comune, e in particolare di quella sua componente che è la crescita economica (cfr CA 48). Offrire e scambiarsi opportunità e capacità di lavoro significa porre in essere elementi essenziali del bene comune e attivare dinamiche altrettanto essenziali al suo incremento. Non dimentichiamo che «mediante il lavoro l’uomo non solo trasforma la natura adattandola alle proprie necessità, ma anche realizza se stesso come uomo ed anzi, in un certo senso, “diventa più uomo”» (LE 9). Né dimentichiamo che i valori fondamentali e universali di libertà e di responsabilità un imprenditore li manifesta, ma non dovrebbe esaurirli: «l’imprenditorialità, prima di avere un significato professionale, ne ha uno umano. Essa è inscritta in ogni lavoro, visto come actus personae, per cui è bene che a ogni lavoratore sia offerta la possibilità di dare il proprio apporto in modo che egli stesso «sappia di lavorare “in proprio”». Non a caso Paolo VI insegnava che «ogni lavoratore è un creatore» (CV 41). In questa prospettiva, ci è sembrato di poter raccogliere indicazioni convergenti nell’identificare quattro problemi prioritari per tornare a liberare e regolare in modo efficace le energie, attive o potenzialmente tali, dell’intraprendere: a) come ridurre precarietà e privilegi nel mercato del lavoro, aumentandone partecipazione, flessibilità (in entrata e in uscita), eterogeneità? b) Quali politiche fiscali (e sociali) per riconoscere e sostenere la famiglia con figli (anche) come generatrice di valori economicamente rilevanti? c) Come ridistribuire “orizzontalmente”la pressione fiscale, anzitutto spostandola dal lavoro e dagli investimenti alle rendite? d) Come sostenere la crescita delle imprese.

Slegare la mobilità sociale. Per riprendere a crescere servono nuove energie, soprattutto quelle dei giovani. D’altro canto, riprendere a crescere, verso e secondo il bene comune, è un modo per rispettare i diritti di chi diventa adulto, di chi è appena nato, di chi sta nascendo, di chi arriverà. In questi termini, crescere è un atto di responsabilità, di giustizia e di amore. Per queste ragioni occorre anzitutto abbandonare le sterili dichiarazioni a favore dei giovani e cominciare ad abbattere le barriere che ne impediscono la crescita piena, la mobilità sociale, in sostanza ne ostacolano quando non negano loro “il traffico dei talenti”. In questo momento, sono i giovani a pagare più di tutti i costi della crisi. Come finanziare diversamente il sistema universitario, aumentando l’autonomia degli atenei e senza precludere l’accesso ad alcuno capace e meritevole? Come ridurre le barriere per l’accesso alle professioni e al loro esercizio e come incrementare la libera concorrenza nelle stesse?

Supportati da questi contributi sarebbe stato opportuno domandare ai rappresentanti delle istituzioni intervenuti a Cagliari: che fine ha fatto questa agenda? Quale degli impegni menzionati è stato affrontato dalla politica? Per amor di verità, la prima domanda, ancor prima di rivolgerla ai rappresentanti del Governo, avremmo dovuto e dovremmo rivolgerla a noi stessi. A noi che, come ricorda spesso il prof. Flavio Felice, componente del comitato, siamo cittadini e non sudditi, a noi che operiamo dimenticando e ripartendo sempre da uno zero che è dato da quella tentazione di autoreferenzialità che ci fa perdere di vista che quanto facciamo è per il bene del Paese e che, proprio per questo, non deve e non può essere sganciato dalla gratitudine, dalla memoria e dall’aiuto del lavoro compiuto nel passato.

Il sociologo Mauro Magatti, segretario del comitato scientifico della 48ma Settimana Sociale, ha affermato che dopo l’inverno vi è la primavera, nel senso che la stagione che viviamo è da intendersi come il periodo adatto, quello che adesso ci è dato, per seminare. Non può essere sempre primavera, però. Abbiamo bisogno dell’estate, abbiamo bisogno di raccogliere i frutti. Ma fino a quando per noi sarà primavera, fino a quando il seme piantato da un altro sarà dissotterrato e sostituito con quello che vorremo piantare noi, non sarà possibile raccogliere alcun frutto.

Ha detto bene Stefano Micelli, docente presso l’Università di Venezia, intervenuto nel dibattito su “Il senso del lavoro umano e le sfide dell’innovazione”: “Voi avere tracciato un identikit del lavoro (il riferimento ad un lavoro libero, creativo, partecipativo e solidale, posto a tema della Settimana Sociale), ma dove si trova questo lavoro?”

Le 400 buone pratiche registrate in tutta Italia, che raccontano il coraggio e la determinazione di coloro che sono riusciti a vincere la sfida del lavoro, sono tante, ma non possono essere la risposta, semplicemente per il fatto che non intercettano la vita di milioni di altri lavoratori, disoccupati, cervelli in fuga e cervelli in gabbia. Le difficoltà oggettive per chi vuole fare impresa o semplicemente lavorare esistono e non possono essere risolte con piogge di finanziamenti e con provvedimenti come Resto al Sud,  scritti con la mentalità e con le mani di un burocrate, come messo in evidenza in un post di qualche settimana fa. E’ il sistema che deve cambiare. Diversamente non avremmo avuto da dire o chiedere nulla ai rappresentanti istituzionali. Chiedere alla luce delle loro responsabilità e non per prostrazione.

Il ricordo della vita di Paola Clemente, raccontato attraverso la voce forte e al contempo delicata del marito Stefano Arcuri, intervenuto all’inizio dei lavori della 48ma Settimana Sociale di Cagliari, è andato via via sbiadendo nei giorni successivi, seppur ripreso di tanto in tanto. Ecco, la speranza è che tutto quello che è emerso nei giorni intensi della 48ma settimana sociale, dalla denuncia alla proposta, nel bene e nel male, non vada disperso, non vada dimenticato, in modo che al prossimo appuntamento si possa ripartire da questo risultato, verificando quanto sarà stato fatto, quanto non fatto, verificandone i motivi, e proseguire, ponendo sempre al centro il prossimo, il suo bene, la sua vita.

 

 

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