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venerdì, Aprile 26, 2024

Anniversario Thyssenkrupp, Rapporto Censis e un appuntamento imperdibile

Anche il 2017 sta per volgere al termine e lungo tutto l’anno sono stati diversi i temi riguardanti il lavoro affrontati da questo blog, sempre con lo sforzo di tenere fede all’obiettività di fronte a questioni che, avendo al centro la persona, anzi le persone, si presentano complesse e generatrici di bisogni differenti, ma non per questo necessariamente contrastanti. Tra questi temi anche la sicurezza sul lavoro ( leggi anche Per un lavoro sicuro, per una vita custodita) che nell’anniversario della tragedia della Thyssenkrupp si riafferma come una delle piaghe ancora sanguinanti in ambito lavorativo.

Colpiscono al cuore le parole del giornalista Davide Orecchio che, appena scoccata la mezzanotte del 7 dicembre 2007, descrisse così la tragedia: “Perdere la vita in una fabbrica destinata alla dismissione. Prendere fuoco come un tizzone dopo dodici ore di lavoro ininterrotto, fianco a fianco con l’acciaio incandescente, in un catino di lamiere e marchingegni disumani e circondato da strutture già assegnate al disuso. Non si può immaginare una solitudine maggiore”. Già, non è possibile immaginare tutto questo.

La giustizia ha fatto davvero il suo corso? Dentro o fuori dal carcere, probabilmente anche per i responsabili di questa vicenda (come da sentenza della Corte di Cassazione del maggio 2016) non ci sarà mai la parola fine, tale è stata la portata dell’evento e la perdita di vite umane. Magra consolazione per i familiari delle vittime? Forse. Resta il fatto che proprio quest’ultime non possono consentire che le fiamme del rancore e della rabbia li divorino nello stesso modo in cui le fiamme vere del rogo dell’acciaieria Thyssenkrupp hanno fatto con i loro cari.

Anche se in alcuni momenti per le vittime appare inaccettabile, viene avvertita come una ulteriore ingiustizia la possibilità che sia prevista una ripartenza per chi ha causato dolore, una seconda chance. come per gli ex dirigenti Pucci e Moroni,  è importante invece augurarsi che proprio quella ripartenza possa essere davvero nuova, in ogni caso diversa e non ancora foriera di sofferenza e ingiustizia.

Intanto, dal 2010 ad oggi sono stati tantissimi gli incidenti sul lavoro. Tante vittime, tante vedove, tanti vedovi, tanti orfani. Ancora siamo lontani dal mettere la parola fine, mancano ancora troppi punti di sutura per chiudure questa ferita. Molto si sta facendo, anche in ambito educativo, ma molto resta ancora da fare.

In ogni caso la tragedia della ThysennKrupp, come le tante altre vicende nel nostro Paese, le tante questioni irrisolte, ci sollecitano a non prendere per buona un’espressione sempre più utilizzata, soprattutto in tempi di campagna elettorale: “Ci attende un appuntamento con la Storia”. Perchè inappropriata? Inappropriata perchè incompleta, inefficace ai fini di una rimotivazione dell’impegno a vivere questo tempo. L’appuntamento che ci attende, al quale non possiamo assolutamente mancare, non è tanto quello con la Storia, bensì con noi stessi. Soltanto dopo la Storia ci attende o comunque nel mentre noi proviamo a rientrare in noi stessi per ristabilire le coordinate del nostro cielo e della nostra partecipazione.

L’ultimo rapporto del Censis ha fotografato l’Italia come un Paese di rancorosi. Eppure il Censis, appena un anno fa, descriveva il nostro Paese, come “Una società che continua a funzionare nel quotidiano, rumina gli input esterni e cicatrizza le sue ferite. Nel «silenzioso andare del tempo», la società continua a funzionare nel quotidiano”.
Il termine “rancorosamente” emergeva nel 2016, ma con questa declinazione: “Il corpo sociale si sente rancorosamente vittima di un sistema di casta”. Niente a che vedere con la rappresentazione di quest’anno così descritta: “L’immaginario collettivo ha perso la forza propulsiva di una volta e non c’è un’agenda sociale condivisa. Ecco perché risentimento e nostalgia condizionano la domanda politica di chi è rimasto indietro”.

Non si avverte forse una contraddizione? Stesse problematicità descritte attraverso un linguaggio differente? Perchè? Quale Storia può attenderci se perdiamo la capacità (o la volontà?) di servirla rettamente, nonostante i limiti “imposti” dalla nostra fallibilità?

L’appuntamento con noi stessi è un meraviglioso appuntamento, anche se a volte costa fatica. Ma forse la bellezza sta proprio nell’esercizio di superare continuamente le nostre povertà. Superare le nostre povertà per comprendere meglio le povertà degli altri.

Il vescovo don Tonino Bello scrive: “Non scoraggiatevi. Anche se è buio intorno. Non tiratevi indietro, anche se avete la percezione di camminare nelle tenebre. È di notte che è meraviglioso attendere la luce. Bisogna forzare l’aurora a nascere, credendoci. Amici, forzate l’aurora. È l’unica violenza che vi è consentita.

 

 

 

 

 

 

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