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Sulle tracce di un ministro del Lavoro: Gianni De Michelis

La morte di Gianni De Michelis (11 maggio 2019) mi ha condotto sulle sue tracce. Chi è stato? Cosa ha fatto? Cosa lascia al suo Paese e non solo? Sono domande che certamente richiederebbero pagine e pagine di inchiostro, dato il suo lungo protagonismo nella Prima Repubblica e anche nella tangentopoli dell’epoca.

Nei primi anni Novanta io ero appena un’adolescente e credo, oggi, di essere cresciuta accompagnata dal ricordo di chi ha narrato allora quei momenti, senza concedermi lo spazio ed il tempo necessari per elaborare una visione personale di quella storia e dei suoi protagonisti.

Chi è stato Gianni De Michelis? Cosa ha proposto al Paese? Qual è il suo lascito? Non è stato facile raccogliere contributi che raccontassero l’operato più che la personalità o le fragilità e vicende giudiziarie del Ministro. Per ragioni di mission del blog ho provato ad estrapolare dal materiale raccolto alcuni tratti significativi che attengono all’incarico di Ministro del Lavoro e della Previdenza sociale, da lui ricoperto dal 1983 al 1987, durante i due governi Craxi.

Il piano decennale per l’occupazione.

In un articolo del quotidiano La Repubblica, datato 17 luglio 1984, si legge:

Entro il prossimo settembre il ministro De Michelis vuol mettere a punto un programma a medio-lungo termine di sostegno all’occupazione che nei prossimi 10 anni consenta di creare almeno un milione e mezzo di nuovi posti di lavoro, ossia circa 150 mila l’ anno. Le cifre allarmanti fornite da De Michelis sul fenomeno della disoccupazione (dagli attuali 2 milioni 700 mila disoccupati, si passerà di qui a dieci anni a 4 milioni e mezzo di senza lavoro) sono il punto di partenza di uno “sforzo di riflessione” cui il governo invita partiti e sindacati per approntare un piano serio. Gli interventi del passato, come la legge 675 o quelle per la chimica o la siderurgia, hanno avuto effetti “molto modesti”. “Finora per l’occupazione non si è fatto praticamente nulla “salvo il solito strumento della cassa integrazione. E’ arrivato perciò il momento di studiare un piano di largo respiro, forzando lo scetticismo imperante per interventi che non riguardino l’ immediato.

Diverse furono le reazioni dei sindacati. Eraldo Crea (CISL) espresse forti dubbi sulla “praticabilità di un piano decennale considerando la durata breve dei governi”. Bruno Trentin (CGIL) affermò di “preferire un progetto più flessibile e adattabile in un momento in cui il sistema industriale si andava ridisegnando”.

La Repubblica – 20 settembre 1984:

De Michelis presenta, in occasione di una conferenza stampa, uno schema di documento del ministero del Lavoro su “la politica occupazionale per il prossimo decennio” per fornire i dati reali e preoccupanti e scuotere “la pericolosa sfiducia nelle possibilità di intervenire” su tale stato di cose. De Michelis non definisce il documento un punto di arrivo, ma “una semplice ipotesi di lavoro e primo strumento di analisi. “Io faccio il ministro del Lavoro e questo documento mi sembra un doveroso primo passo”, di certo qualcosa di più del “gioco al massacro di tutte le proposte” che negli ultimi anni ha condannato all’ impotenza qualsiasi iniziativa”.

Il documento, si legge sempre nello stesso articolo, punta sulla “formula dello Stato imprenditore, il che esclude logiche dirigistiche o assistenziali” che incentivi la creazione di nuove imprese che a loro volta assicureranno la creazione di nuovi posti di lavoro. Questi gli step più significativi:

  • riorganizzazione e riduzione del tempo di lavoro, in termini di riduzione del tempo di lavoro annuale complessivo, ottenibile anche attraverso forme di orario mensile flessibile.
  • formazione del capitale umano, delle attività di Job-creation, delle politiche di protezione sociale e di sostegno al reddito.

La Repubblica – 11 ottobre 1985:

Gianni De Michelis torna ad “insistere sulla necessità che tutti i provvedimenti attualmente all’ esame del Parlamento e quelli che ancora devono essere varati, ma che già da tempo sono oggetto di discussione, siano inseriti in un quadro globale che dia il senso della continuità dell’ intervento del governo. “Altrimenti – ha osservato il ministro – si rischia di farli diventare soltanto provvedimenti scollegati tra loro senza un disegno unitario”.

La Legge Marcora

Grazie a Gianni De Michelis, d’intesa con Pietro Longo (Bilancio), Giovanni Goria (Tesoro), Renato Altissimo (Industria), il disegno di legge “Provvedimenti per il credito alla cooperazione e misure a salvaguardia dei livelli di occupazione” fu presentato alla Camera nell’aprile 1984 e approvato successivamente (Legge n.49 del 27/02/1985). Il primo disegno di legge «Misure a salvaguardia dei livelli di occupazione» venne approvato dal Consiglio dei Ministri nel maggio 1982 ma, a causa della caduta del governo, non riuscì a compiere l’iter parlamentare. L’ispiratore della legge del recupero d’impresa in Italia fu Giovanni Marcora, imprenditore e politico democristiano appartenuto alla corrente di sinistra “La Base”, che morì nel 1983.

Nella recensione al libro di Francesco Dandolo, L’industria in Italia tra crisi e cooperazione. La partecipazione dei lavoratori alla gestione d’impresa (1969-85), Bruno Mondadori 2009, Andrea Aimar scrive:

Nella lettera di accompagnamento al disegno di legge presentato da Marcora nel maggio 1982 sono condensate le ragioni del provvedimento: far partecipare i lavoratori alla gestione delle imprese, compresa necessità di rivedere la distribuzione dei profitti; razionalizzare il tessuto produttivo della piccole-medie imprese verso cui la legge insisterà per salvare solo quelle ritenute «capaci di riprendersi»; recuperare alla produzione i lavoratori non più utilizzati dalle imprese «sottraendoli all’assistenzialismo senza sbocchi» e non disperdendo così un patrimonio di capacità professionali. Infine nella visione di Marcora la cooperazione non deve rappresentare un «ruolo di supplenza» in attesa che il capitalismo superi le sue crisi ma l’architrave di una sfida più generale di «un’organica riorganizzazione del tessuto economico (piccole e medie dimensioni) secondo criteri di economicità e di partecipazione dei lavoratori»

Il rapporto Euricse sulle imprese recuperate in Italia mette in evidenza che “alla fine degli anni ’90, il quadro normativo della Legge Marcora fu temporaneamente sospeso a causa di una pronuncia dell’Unione europea secondo la quale il regime messo in atto dalla legge italiana violava le regole di concorrenza, in quanto lo Stato finanziava “ingiustificatamente” le cooperative di WBO. A seguito di questa sentenza, fu approvata, ma solo il 5 marzo 2001, una riforma della Legge Marcora, la L. 57/2001, basata sull’aggiunta di due nuovi articoli”.

Negli ultimi 30 anni sono state oltre 370 le imprese salvate dai lavoratori. Storie di successo, rese possibili dalla legge Marcora che permette ai dipendenti di recuperare le aziende in fallimento ( Business Insider – Silvia Scaramuzza).

Per molti l’impegno di De Michelis è destinato ad essere ricordato soprattutto per i risultati raggiunti nella politica estera, come ha sottolineato il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, in occasione della sua dipartita:

Scompare uno dei protagonisti della attività di governo dell’ultima parte del Novecento. Intelligente e appassionato esponente della causa socialista ha segnato con la sua azione una significativa stagione della politica estera del nostro Paese, nella fase che faceva seguito al venir meno del contrasto est/ovest. Le sue intuizioni e il suo impegno sulla vicenda europea, dei Balcani, del Medio Oriente e del Mediterraneo hanno consolidato il ruolo internazionale dell’Italia e contribuito alla causa della pace e della cooperazione internazionale.

Io credo che alla luce dei documenti che ho trovato, che ho messo insieme, citati in questo contributo, ci siano tuttavia alcune parole chiave che la politica di oggi potrebbe riscoprire per operare bene nel campo del lavoro:

  • lungimiranza, non interventi spot;
  • piccoli passi, non gioco al massacro;
  • senso della continuità dell’opera del Governo, non particolarismi;
  • gioco della staffetta. Giovanni Marcora non visse a lungo per vedere promulgata la sua proposta di legge, ma il suo lavoro non venne disperso. Non un favore tra le parti, tra ministri, ma un assist al Paese, dati i risultati menzionati e qui sintetizzati per zone: Centro (46%) e il Nord Est (29,8%); seguono il Nord Ovest (12,7%), il Sud (8,3%) e le Isole (3,2%). Il dato regionale registra: la Toscana (22,2%), seguita da Emilia-Romagna (15,1%), Marche (9,5%), Veneto (7,9%) e Lombardia (7,1%).
  • protagonismo dei lavoratori, non pura subordinazione.

I dati, sempre in aggiornamento, raccontano di imprese salvate, di vite salvate dal lavoro, di una Nazione che, nonostante tutto, grazie al contributo di ieri prova ancora a farcela oggi.

La stagione di Tangentopoli rimane una ferita aperta nel nostro Paese, essenzialmente per due motivi: il modo con cui i magistrati agirono e il sistema che, seppur scoperto e perseguito violentemente, rimane oggi vivo e ancora ingiusto in sé e per il più debole.

Tangentopoli ci ha consegnato una scena teatrale della quale ancora oggi osserviamo i costumi e il palcoscenico. Gli attori, con le loro vite, sono passati in secondo piano. Li conosciamo superficialmente e parzialmente. Probabilmente c’è stato un momento in cui gli attori di allora sono rimasti intrappolati in quei trucchi, costumi, in quel palcoscenico, quasi dimenticando il perché della loro presenza davanti al pubblico degli italiani, prima ancora che dei giudici.

Credo, tuttavia, che sia utile provare a ricercare e capire.

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