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venerdì, Aprile 19, 2024

Lavoro minorile: se questo sarà un uomo

Primo Levi, nell’opera “Se questo è un uomo”, lucida testimonianza dell’ esperienza da lui vissuta nel campo di sterminio nazista di Auschwitz, scrisse: “Considerate se questo è un uomo. Che lavora nel fango, che non conosce pace, che lotta per mezzo pane, che muore per un sì o per un no”.  Senza nulla togliere alla tragicità del periodo storico in cui visse Primo Levi e sollecitati dalle numerose immagini che continuano a parlarci di infanzia negata e rubata, che ci fanno ripiombare in un inferno di angoscia e di paura, oggi, nella Giornata mondiale dei diritti dei bambini, dovremmo pronunciare la stessa affermazione dubbiosa, ma coniugandola al futuro: se questo sarà un uomo.

Al futuro, perchè i volti che scorrono davanti ai nostri occhi sono quelli dei bambini costretti a lavorare in situazioni penose, pesanti e disumane, a rinunciare alla loro infanzia, ad un parte delicata e cruciale della loro vita che, così violata, inciderà pesantemente sulla loro intera esistenza.

Pensare alla loro dimensione, riflettere su come essi possano percepire il mondo degli adulti, fa quasi rabbrividire. Non dimentichiamo, infatti, che dietro lo sfruttamento dei bambini ci siamo proprio noi. Noi adulti che, messi di fronte ad uno specchio, alla vista di come siamo, possiamo pure riuscire a nascondere qualche chilo di troppo, indossando abiti più comodi, ma non possiamo certo cancellare la responsabilità che abbiamo nei confronti dei più piccoli, degli uomini di domani, specie se con questa responsabilità non abbiamo un buon feeling.

Chissà se guardandoci allo specchio siamo capaci di scorgerla questa responsabilità, se la percezione del nostro mancato protagonismo nel suo esercizio ci fa provare vergogna al pari di un fisico da rimettere in sesto per la bella stagione, che sempre lo specchio restituisce impietoso!

Secondo il Rapporto Unicef “nel mondo sono più di 150 milioni i bambini intrappolati in impieghi che mettono a rischio la loro salute mentale e fisica e li condannano ad una vita senza svago né istruzione. Il fenomeno del lavoro minorile è concentrato soprattutto nelle aree più povere del pianeta, in quanto sottoprodotto della povertà, che contribuisce anche a riprodurre. Tuttavia, non mancano casi di bambini lavoratori anche nelle aree marginali del Nord del mondo”.

In Italia, ad esempio, già nel 2013, secondo il Rapporto “Game over – Indagine sul lavoro minorile in Italia” di Save the Children, erano 260.000 i pre-adolescenti “costretti” a lavorare per essere di supporto alle loro famiglie, in un contesto di difficile rapporto con la scuola, e 30.000 i 14-15enni a rischio di sfruttamento, a contatto con un lavoro pericoloso per la loro salute, sicurezza o integrità morale, senza limiti di orario, e dunque senza poter godere del riposo necessario, di uno spazio per il divertimento, con il serio rischio di compromettere gli studi e il proprio futuro.

Dunque, seppur in percentuali diverse e in condizioni di differente gravità, in cui comunque la parola “diritto” è bandita, se non addirittura sconosciuta, la piaga del lavoro minorile non è estranea a nessun emisfero o latitudine del pianeta. Marco Chiesara, Presidente di WeWorld, esattamente un anno fa, definiva deprecabili i numeri del fenomeno, dal momento che “196 sono i paesi che hanno ratificato la Convenzione sui Diritti dell’Infanzia e 168 quelli che hanno ratificato la Convenzione dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro sull’età minima per lavorare (Convenzione 138)”.

Questo dimostra, continuava il Presidente di WeWorld, che “non bastano Trattati e Convenzioni che riconoscano e garantiscano i diritti dei bambini a livello formale, seppur importanti e fondamentali. È necessario anche e soprattutto partire dal basso, agire a livello di comunità, cercando di fornire un’educazione accessibile e di qualità a tutti i bambini e le bambine, sensibilizzando genitori, insegnanti, stakeholders e istituzioni sull’importanza dell’educazione, rompendo stereotipi diffusi e combattendo tradizioni e norme che non tutelano i diritti di bambini, bambine e adolescenti”.

Pensiamo anche alla nostra Costituzione, agli articoli 3-33-34! Sulla carta è tutto riconosciuto, nella realtà tutto o molto ancora da conquistare, in merito a questo ambito e a molti altri. Eppure, se l’umanità è stata capace di raggiungere mirabili traguardi attraverso la stesura di determinati trattati, convenzioni, concepiti nel rispetto della dignità dell’uomo, perchè la sostanza è ancora così distante dalla forma? Non siamo parte della stessa famiglia umana?

Con i trattati, le convenzioni a disposizione, sembrerebbe facile e addirittura possibile poter arginare il fenomeno del lavoro minorile, eppure, molti, troppi bambini vivono imprigionati in un limbo, in attesa di ricevere una sorta di autorizzazione a vivere semplicemente la loro età.

E tutto mentre noi adulti discutiamo di altro, di un’egoistica felicità da raggiungere, senza disturbarci neppure di conoscere chi pagherà il costo di tutto questo e quale testimonianza di vita potremo mai lasciare a chi attende di vivere in un mondo migliore.

Considerate, dunque, consideriamo se questo sarà un uomo.

 

 

 

 

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