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sabato, Aprile 20, 2024

Caporalato: stupore, indignazione …. e poi?

“Non so se è ipocrisia, disinformazione o altro, ma non riesco ancora a capire come, nel 2017, si possa parlare di “ghetto”, addirittura di gran ghetto e di caporalato senza stupirsi, senza ribellarsi, senza indignarsi. (…)  L’idea che il nostro Paese permetta l’esistenza di luoghi dove si viva come bestie, in baracche costruite con cartoni e plastica e se va bene un po’ di legno, tra rifiuti, sporcizie, senza acqua e senza corrente elettrica, non è e non può essere ammissibile. Mai”. Con queste parole interveniva qualche giorno fa mons. Nunzio Galantino dalle colonne de Il Sole 24 Ore, in merito alla piaga sempre sanguinante del caporalato.

Le parole di stupore del Segretario Generale della CEI non possono tuttavia non destare altrettanto stupore in chi le legge, sia perchè l’indignazione contro i cosiddetti caporali, contro chi sfrutta le persone, migranti o meno che siano, e contro le condizioni in cui vivono molti uomini e donne è alta nel nostro Paese, sia perchè il fatto di avere una neonata legge esistente, che arriva comunque tardiva, anteceduta da un’ ulteriore legge, datata 2011, contro l’intermediazione illecita e lo sfruttamento del lavoro, rimasta non applicata, come evidenzia sempre Galantino, non è una novità che riguarda soltnto la piaga del caporalato, con tutto quello che questa falla sistemica comporta. Attenzione che quel “non è una novità” non va inteso come un “ormai abbiamo fatto l’abitudine”, bensì come un “come mai non ci indigniamo tutti abbastanza anche per questa malabestia?”

L’intervento di Mons Nunzio Galantino è stato ripreso dal Segretario Generale della FAI CISL Luigi Sbarra, che, dalle colonne dell’Avvenire, non solo ha condiviso, come noi tutti del resto, la giustificatissima ansia del Segretario generale della Cei, ma ha rilanciato ulteriori nodi da sciogliere, priorità da affrontare, perchè la piaga del caporalato possa essere sanata, vedi anche “le vergognose retribuzioni indicate per i lavoratori agricoli nei nuovi contratti di prestazione occasionale che sostituiscono i voucher in agricoltura”.

Stupore, indignazione, richiamo ad un maggiore impegno da parte delle istituzioni, ad una seria informazione, non disinformazione, e molto altro ancora. Sì, e poi?

Il blog The Job Enquirer, che esordì proprio all’indomani della vicenda che interessò la tendopoli di San Ferdinando, Rosarno, ha sempre tenuto alta l’attenzione sulla piaga del caporalato, almeno ha tentato, evidenziando punti raramente dibattuti, almeno in pubblico. Per risolvere i problemi, dovremmo saperlo, è necessario andare in profondità. Se molta stampa non lo fa, se piuttosto che informare disinforma, dovremmo domandarci se il problema non sia da attribuire al fatto che la voce che siamo disposti ad ascoltare, alla quale siamo disposti a dare spazio, sia sempre la stessa o dei soliti noti. Questo problema, per inciso, varrebbe per tutte le testate giornalistiche e non solo.

Le urla di indignazione pubblicate in questo spazio nel corso di un intero anno, non rancorose ma costruttive, vengono rilanciate oggi sottoforma di domande e di osservazioni. La speranza è che in molti possano ascoltarle e fare in modo, così, che le tenebre silenziose dell’inoperosità che uccide cedano lo spazio alla luce di una verità che va cercata con altrettanta verità e onestà di intenti:

il Protocollo d’intesa, firmato a maggio del 2016, prevedeva, oltre ad alcuni compiti specifici spettanti alle Prefetture, molte iniziative volte a meglio integrare i lavoratori immigrati nel nostro Paese e cooptati per lavorare nel settore dell’agricoltura, tra cui: la stipula di convenzioni per l’introduzione del servizio di trasporto gratuito per le lavoratrici e i lavoratori agricoli che copra l’itinerario casa/lavoro; istituzione di presidi medico-sanitari mobili per assicurare interventi di prevenzione e di primo soccorso; bandi per promuovere l’ospitalità dei lavoratori stagionali in condizioni dignitose e salubri, per contrastare la nascita o il perdurare di ghetti; attivazione di sportelli informativi attraverso unità mobili provviste di operatori quali mediatori linguistico-culturali, psicologi e personale competente; istituzione di corsi di lingua italiana e di formazione lavoro per i periodi successivi all’instaurazione del rapporto di lavoro agricolo. Quanto di quello che è contenuto nell’agenda è stato realizzato? (leggi anche Caporalato in agricoltura: a che punto è l’agenda?)

La Rete del lavoro agricolo di qualità, “un organismo autonomo nato per rafforzare le iniziative di contrasto dei fenomeni di irregolarità e delle criticità che caratterizzano le condizioni di lavoro nel settore agricolo”, sta funzionando? Le aziende agricole hanno compreso l’importanza di questo organismo?

I requisiti richiesti alle aziende per essere ammessi alla Rete sono molto chiari, ma cosa succede alla domanda inoltrata dall’agricoltore che, ad esempio, ha in corso una rateizzazione per la regolarizzazione del pagamento dei contributi INPS? Sarà rigettata? E se questa “situazione di pendenza” costituisse per molte aziende un deterrente all’inoltro della loro istanza di adesione e partecipazione?

L’adesione alla Rete potrebbe comportare un “riconoscimento” alle aziende che si trovano in situazioni in via di regolarizzazione (per accertate difficoltà economico- finanziare) e che vogliono far parte di questa nuova realtà? Non sarebbe un modo per aiutarle ad emergere da una condizione precaria e per sottrarre, così, terreno fertile a coloro che invece strumentalizzano le nuove povertà per affermare la loro potenza?

Un’altra piaga in agricoltura è costituita dalle diverse truffe ai danni dell’INPS per le false assunzioni di falsi braccianti agricoli. Com’è possibile che l’INPS, attualmente incaricato di presiedere la Cabina di Regia che delibera sulle domande di iscrizione delle imprese all’organismo della Rete per il lavoro agricolo di qualità (messo in campo nella lotta contro il caporalato), possa continuare ad essere truffato? Quale garanzia, a questo punto, abbiamo che lo strumento della Rete funzioni, se la scoperta di truffe ai danni dell’INPS mette in luce delle falle in tutto il sistema?

Nel sito del Ministero dell’Interno è possibile consultare una sezione dedicata ai numeri utili, oltre a quelli dedicati alle Forze dell’Ordine, a cui tutti noi possiamo rivolgerci per chiedere informazioni, soccorso. Potrebbe essere utile, o addirittura possibile, l’istituzione di un numero verde contro il caporalato per favorire la denuncia di tutte le piaghe ad esso connesse, come la prostituzione, la droga?

Nel nostro Paese l’obiettivo più difficile da raggiungere sembra essere “capire chi deve fare cosa”. Qual è la responsabilità che il sindacato avverte più forte in questa partita così difficile, la cura che può adottare per curare questa “ferita ancora mortale nel nostro Paese”, come è stata definita sempre dal Segretario Generale della FAI CISL  Luigi Sbarra?

Le domande formulate possono essere un buon punto di ripartenza? E’ necessario operare, tirare fuori dai cassetti i vari protocolli e le tante buone intenzioni, senza tentennamenti o paure, perchè, come scrisse lo scrittore, filosofo e politico Edmund Burke, “Colui che lotta contro di noi rafforza i nostri nervi e acuisce le nostre abilità. Il nostro antagonista è colui che ci aiuta di più”.

Buona battaglia.

 

 

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