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giovedì, Aprile 18, 2024

Alitalia: un viaggio a senso solo e senza ritorno

Disse un giorno l’economista e politico Tommaso Padoa Schioppa: “La crisi Alitalia è frutto di trent’anni di errori nei quali si è stati in cronico ritardo nel capire che quella che era un’azienda florida e non aveva concorrenti, stava diventando una mucca da mungere che stava in un prato dove l’erba veniva gradualmente a mancare o veniva presa da altri”.

Non in molti ricorderanno anche le parole di Glen Hauenstein, oggi Delta Airlines, chiamato dagli Stati Uniti dopo la bocciatura della proposta di risanamento dei conti della compagnia ipotizzata da Francesco Mengozzi (chiamato dal Governo Amato a sostituire Domenico Cempella) per renderla appetibile agli occhi dei francesi e olandesi. Alla proposta, che consentiva, come ricostruisce bene il giornalista Antonello Caporale nel suo libro “Mediocri. I potenti dell’Italia immobile” (Baldini Castoldi Dalai,2008) di passare da un rosso di 510 milioni di euro a fine 2003 ad un pareggio nel 2004, raggiungendo un attivo nel 2005, investendo in tre anni 1200 milioni di euro per completare il rinnovo della flotta iniziato nel 2001, i sindacati risposero con uno sciopero.

Cosa disse Glen Hauenstein? Colui che divenne vicedirettore dell’Alitalia, dopo aver incontrato degli ostacoli nello svolgimento del suo operato, concluse che: “Lo Stato italiano ha avuto innumerevoli occasioni per uscire da Alitalia, ma alla fine ha sempre scelto di mantenere il controllo della compagnia. Ha ceduto alle pressioni dei sindacati, non ha voluto prendere la strada più ardua che però nel lungo periodo si sarebbe rivelata la più giusta. Cercare di attuare le cose seguendo i capricci giornalieri della politica non può mai essere una chiave per il successo”.

In merito al ruolo che i sindacati hanno avuto nell’intera vicenda Alitalia, c’è da aggiungere che, all’epoca della trattativa con Air France, erano i lavoratori ad essere più lungimiranti dei loro rappresentanti, tanto che, riporta sempre Antonello Caporale, in un’ inchiesta condotta da Giuseppe Latour per il Sole 24 Ore, anno 2008, una dipendente di Az Servizi ammetteva di non sentirsi rappresentata nei suoi interessi e che la condotta della triplice, in quel frangente, metteva a repentaglio la vita di molti per salvare la testa di pochi. Addirittura, sempre nell’inchiesta, alcuni assistenti di volo ritenevano già da allora non più cruciale il concetto di italianità asserendo che “Il concetto di compagnia di bandiera con il mercato attuale è superato e restare soli significa semplicemente ridimensionarsi a operatore regionale”.

Le parole con cui Jean Cyril Spinetta si congedò dalla trattativa Alitalia- Air France ormai saltata furono emblematiche e lo sono tuttora: “Per la compagnia italiana l’unica soluzione è l’esorcista”. Da allora ne è passata di acqua sotto i ponti, o forse sarebbe meglio sostituire la parola acqua con soldi, purtroppo pubblici. Tanti governi, tante decisioni, tanti manager salvatori della patria avvicendatisi con insuccesso, tante trasformazioni, privatizzazioni, capitani coraggiosi, anche l’ingresso di Ethiad Airways nel capitale, ma ancora una volta, è il Governo di oggi a ritrovarsi con il cerino in mano. Va detto che con una storia come quella che Alitalia ha alle spalle, non poteva finire tutto con un sì o con un no, facendo pesare tutto, in particolar modo le incapacità politiche e manageriali, e aggiungiamo gli appetiti insaziabili di molti altri attori, sulle spalle dei dipendenti. Qualcuno ha parlato di ricatto, ma il discorso non può neppure essere visto in questi termini.

Il punto è un altro. Ha ragione Alessandro Barbera che questa mattina sulle colonne de La Stampa scrive: “Più che per la nota ricorrenza, il 25 aprile 2017 passerà alla storia come la Waterloo dei sindacati”. Come dargli torto? Al di là delle decisioni che seguiranno, che probabilmente riguarderanno anzitutto la nomina di un commissario straordinario, non può sfuggire lo scollamento tra il sindacato e i lavoratori. Il dissenso espresso dai dipendenti Alitalia va contro un preaccordo siglato anche dai sindacati, ossia da coloro che dovrebbero rappresentare gli interessi dei lavoratori nell’interesse di questi ultimi. L’interesse del lavoratore, va detto, non può mai essere un capriccio, non può non tener conto dell’attuale condizione economica del Paese e, soprattutto, non può essere tutelato in cambio della conferma di una tessera.

Appena qualche giorno fa, Annamaria Furlan, segretaria generale della Cisl, rilasciando un’intervista per Repubblica, affermava: “Abbiamo siglato questo preaccordo perché in assenza di un verbale tutto sarebbe stato più complesso da gestire. Sarebbero trapelate indiscrezioni mentre adesso abbiamo numeri certi. Ora spetta ai lavoratori e alle lavoratrici esprimersi. E chiediamo che prevalga il senso di responsabilità. Altrimenti saremo di fronte al baratro”.

Chiedere ai lavoratori tutto questo, di avere una visione di insieme che altri, secondo il ruolo delle responsabilità, avrebbero dovuto avere in passato, compresi i sindacati, è stato un po’ come chiedere ad un dottore di prendere in cura un paziente terminale sul quale in passato diversi “dottori” si sono accaniti terapeuticamente, producendo solo agonia e sofferenza. Pur precisando, per amore della verità, che anche i lavoratori non sono esenti da colpe, certamente non doveva essere questo il triste e deludente epilogo di tutto.

Antonello Caporale, sempre nel suo libro, ricorda l’acronimo impietoso guadagnatosi in passato da Alitalia nel mondo: Always Late In Takeoff Always Late In Arrival (Sempre in ritardo al decollo, sempre in ritardo all’arrivo). Che siamo in presenza di un ritardo non vi è dubbio e la domanda è: possiamo ancora recuperare oppure la gara ormai è definitivamente persa?

Ulteriore domanda: persa per chi? La vicenda Alitalia non è ancora conclusa e per il Presidente Luca Cordero di Montezemolo è già in arrivo una nuova candidatura in Telecom Italia, anche se l’interessato riferisce di non sapere nulla al momento.

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